CIAO SALICE PIANGENTE, NON MI MANCHERAI

di JOHNNY RONCALLI – Un conto è avere Conte, un conto è non averlo.

Il conto corrente innanzitutto, si capisce, perché mister 12 milioni con le valigie in mano comporta un bel risparmio annuo. Il primo anno un po’ meno certo, perché lui non è che se ne vada da mendicante: una bella ventiquattrore ripiena, con 7 milioni di buonuscita, giusti giusti per pagarsi le vacanze.

Lui dirà che il suo l’ha fatto, la società gli dà a intendere che il progetto in 3D che lui prospetta non s’ha da fare e lui toglie il disturbo. Mica sbattendo la porta, no, assicurandosi prima la conciliazione, rescissione consensuale sarebbe la formula di rito.

Da interista uscito sparato dal vecchio testamento gioisco. In fondo, mi dico, due piccioni con una fava. Un scudetto in saccoccia e l’odiato allenatore fuori dalle scatole.

Già la proprietà cinese al sottoscritto faceva senso, quelli come me usciti dal vecchio testamento sono un po’ all’antica, sono gente da patron, uno che ama la creatura, ci è cresciuto e poi decide di sfamarla. Tanto meglio se si tratta di uno a chilometri zero.

Mi dichiaro: Conte non mi è mai piaciuto. Non mi piaceva prima, non mi piace ora e ho il forte sospetto che continuerà a non piacermi.

Mister salice piangente non contempla la possibilità di allenare una squadra senza primattori, vuole l’investimento, l’investimento che porta i grandi nomi alla sua corte, vuole un progetto, lui. Un progetto alla sua altezza. Perché dove va lui si vince, a patto di sganciare ghelli a sufficienza per comprare il vino buono e soprattutto per pagare lui. Il vino buono poi contempla anche etichette un poco marsalate, dal nome Vidal, Kolarov, Sanchez, campioni di una volta con procuratori sgamati che strappano gli ultimi spiccioli prima della pensione. Poveri.

Un signore, mister salice piangente, peccato che mai ammetta di aver preso svarioni, abbagli o aver commesso passi falsi. Se le cose non vanno per il verso giusto, deve essere perché qualcuno ha giocato sporco, l’arbitro, qualche giocatore, il campo infame, il calendario, giove pluvio e anche la società, mica è aziendalista lui, solo un misero dipendente.

Una cosa mi sono sempre chiesto: prendi Conte e mettilo al posto di Gasperini, con quattro ragazzi, che succederebbe? Non lo scoprirò mai naturalmente, uno come Conte e compagnia bella mai accetterebbero la sfida. Poi vale anche il contrario, per carità, a ciascuno il suo.

Rimane che lo scudetto alla fine in effetti l’ha vinto, io interista esulto, con moderazione, perché poi è una vittoria senza contraddittorio, un po’ come accaduto ai gobbi per nove anni filati, alla lunga non un’insidia, anche quando non filava tutto liscio, a chiunque era chiaro in quale bacheca sarebbe finito lo scudetto. Solo un’Atalanta con un po’ di continuità in più, una Champions in meno e soprattutto una rosa più grassottella avrebbe potuto mordere i polpacci alla beneamata.

Ora il salice piangente tornerà nei ranghi spaiati dei sedicenti professionisti del pallone, allungato sulla sdraio, su una bella spiaggia esclusiva, in attesa del prossimo Paperone, il prossimo Paperone da SuperLeague.

Alla fine mi si dirà che non sono mai contento, che sono appeso a un calcio in bianco e nero e che le cose ormai vanno in modo diverso.

Mi si dirà poi che sono un ingrato. Se deve essere sia, sì, sono un ingrato.

A dire grazie a quanto pare ci penserà Suning, sette milioni di grazie.

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