CIAO GARELLA, IL GRANDE PORTIERE CON LE MANI IN TASCA

Facile e comodo parlarne adesso, oggi. Ora che se ne è andato tutti ricordano Claudio Garella, portiere e campione d’Italia con il Verona Hellas e il Napoli, buffo e forte, tipo quelli che siedono all’ultimo banco in classe e fanno gli scherzi e non prendono voti belli.

Lui, Claudio, non aveva la faccia da calciatore e a, dirla tutta, come portiere usava le mani per calzare i guanti e nemmeno sempre per deviare e respingere e parare con il resto del corpo, come si usa con il portiere del calciobalilla. Se ne è andato per un colpo al cuore e il suo silenzio arriva proprio alla vigilia di Verona-Napoli, il bignamino della sua carriera gloriosa poi finita nell’ordinario,

Udine e Avellino prima di nascondersi nel canneto di squadre senza storia, ma per lui utili a divertirsi a bordo campo come allenatore, Barracuda, Pergocrema, Cit Turin, roba piccola per il resto del circo calcistico, ma per lui siti di divertimento.

Si ricorre alle citazioni, quella di Agnelli che di lui disse: il più forte al mondo ma non con le mani. O il soprannome di Garellik perché era Diabolico e fumettistico; e, ancora, Compare Orso o Paperella perché così lo battezzarono gli ultras della Lazio dopo alcune topiche.

Erano anni, quelli, di grandissimi portieri e lui, il Claudio, studiò osservando “Giaguaro” Castellini a Torino e il mite Felice Pulici alla Lazio, maestri eccelsi per lui. Ovviamente il suo identikit non era di quelli da mostrare a Coverciano (per fortuna sua), ma l’intuizione e il tempo di scatto erano caratteristiche che prescindevano dalla forma. Nonostante il fisico da camionista di Tir, improvvisamente volava a salvare in corner magari con una gamba, con un piede, anche con le mani, non dico il resto per seguire la canzoncina sanremese.

Se ne è andato a sessantasette anni, nemmeno il tempo di accorgerci della sua uscita. L’ultima.

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