E CHISSA’ CHE PRIMA O POI NON DIVENTI IL 4 NOVEMBRE DELLE FORZE AMATE

Quando si sente la formula “Forze Armate”, vien subito da pensare alla guerra e alla brutalità militare, a un immaginario che mal si concilia con l’idea di festa. Ma per celebrare la Festa delle Forze Armate il 4 novembre bisogna abbandonare un’idea stereotipata del soldato e pensare chi e cosa ci sia davvero dietro a parole che un po’ intimoriscono.

Le forze armate sono uno strumento fondamentale per ogni Stato che voglia tutelare territorio e comunità: non a caso persino la neutralissima Svizzera dispone di un poderoso apparato militare, e obbliga i cittadini a un servizio di leva biennale. Le Forze Armate non sono fatte per sganciar bombe e massacrare avversari (questa è la degenerazione a cui il passato ci ha abituati), ma per garantire la sicurezza: che è, etimologicamente, la possibilità di vivere ‘sine cura’, senza affanni. Se per esempio scrivo in tutta tranquillità queste righe è perché c’è qualcuno, là fuori, che mi permette di farlo: un poliziotto che pattuglia le periferie più disagiate, un carabiniere che controlla le strade più pericolose.

Purtroppo in Italia vediamo le forze dell’ordine in modo distorto: da sinistra appaiono come un retaggio di stagioni di guerra e di imperialismo, da destra come rappresentanti di uno Stato opprimente e invadente. Non tutti, ma tanti, la pensano così: ai primi si può obiettare che solo un pacifismo integralista, e dunque ottuso, non vede la differenza tra le guerre imperialistiche del passato e le pattuglie di difesa del presente; ai secondi va detto che il rispetto delle regole è garanzia, non argine, della libertà, che altrimenti sconfina nell’anarchia e nel ‘bellum omnium contra omnes’ evocato da Hobbes. Banalità, ma non in un Paese in cui troppo spesso si ragiona per schematici pregiudizi.

La ricorrenza del 4 novembre ci ricorda che le forze dell’ordine sono oggi chiamate a un eroismo quotidiano (ma non per questo meno eroico di quello epico del passato), cioè a fare bene un lavoro sottopagato e sottostimato anche nelle situazioni più difficili e nelle zone più disastrate: un identikit, a ben vedere, non molto diverso da quello di un altro servitore dello Stato, l’insegnante. Con il piccolo dettaglio che quelle, per proteggere le nostre vite, rischiano la loro.

È inutile dire che anche tra di loro si possano annidare persone prive di scrupoli e di ideali, facili a corrompersi e con scarso senso del proprio ruolo: un triste esempio ci viene purtroppo offerto proprio in questi tempi, quando abbiamo saputo che 1 poliziotto su 5 non si è vaccinato, abdicando a quel senso di responsabilità civica e di interesse per le sorti della collettività di cui dovrebbe essere il primo tutore. Ma questa è la fisiologica componente deteriore che si trova in ogni categoria, in percentuali variabili dovute semmai a sistemi di selezione non sempre impeccabili. Non si può però incolpare il tutto per i difetti di una parte. Alle forze dell’ordine si perdona meno che a tutti gli altri: basta un eccesso di zelo, un errore o una negligenza e subito la colpa di uno diventa il peccato originale di un intero corpo, bersagliato con sadico compiacimento. Ma non si possono confondere guardie e ladri, chi difende e chi offende. Il 4 novembre è un monumento a ciò che davvero, al di là dei pregiudizi, rappresentano le Forze Armate. Nell’attesa che diventino Forze Amate.

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