CHI SI RICORDA DI SINNER, CON JASMINE E MUSETTI

E’ lì a Londra con la compagna Veronica e il piccolo Ludovico, che compirà il quarto mese il 15 luglio. E’ lì a Londra con il suo tatuaggio che raffigura un elettrocardiogramma stretto tra due racchette: lo zio cardiologo gli aveva registrato il battito, ha preso l’immagine di una frequenza specifica e se l’è fatta incidere sulla pelle. I simboli della sua vita, il tennis e un cuore che batte: per questo sport, per Veronica, per Ludovico.

Adesso le pulsazioni sono destinate a schizzare ai massimi, per Lorenzo Musetti, 22 anni, “ed è ora che entri nei primi 10 al mondo”, sentenzia Paolo Bertolucci. E’ alla prima semifinale slam della sua carriera, a Wimbledon, contro Djokovic. Una montagna da scalare, quasi verticale. Ha sbaragliato in 5 set l’americano Taylor Fritz, lunedì aveva fatto fuori 3-1 il francese Perricard. Non lo spaventa più nulla. Adesso ovviamente servirà qualcosa di vicino, di simile, alla perfezione. Se poi Nole sarà quello che conosciamo, ci vorrà la perfezione e basta.

C’è qualche però, però… Primo: Musetti ha un gioco diverso da tutti quelli della gold generation di quest’epoca incredibile del nostro tennis. E’ vario, è tecnico, è atletico, è in crescita costante. Sta migliorando nei colpi forti limando i difetti, com’è logico, com’è normale per un ragazzo che arriva in semifinale a Wimbledon a 22 anni, appunto. Se non si alza l’asticella, non si fa strada. Non ha niente da perdere, ha tutto da vincere. Secondo: Djokovic, 37 anni compiuti a maggio, questa età comincia a sentirla. Qualche scricchiolio è percettibile all’orecchio, è visibile a occhio nudo. Talvolta, va a vuoto. Talvolta, sia chiaro. Non è il caso di farsi illusioni, ma è certo il caso di crederci, di sperare, perché il nostro Lorenzo è proprio forte, è proprio bravo, ha testa, fisico, talento per poterci permettere un sogno. Per poterselo permettere.

Opinionisti, esperti, ex giocatori parlano di un Djokovic al 60 per cento, oggi. Sarà, ma Rune lo ha spazzato via 6-3 6-4 6-2, e contro De Minaur, nei quarti di finale, non ha dovuto nemmeno scendere in campo perché l’australiano ha dato forfait per un’infiammazione all’anca. Di certo sarà più riposato di Musetti, sebbene – com’è noto – le vittorie degli atleti rimpiccioliscano la stanchezza, quasi la fanno sparire. Se non che i tempi per finire la benzina, tra uno di 37 anni e uno di 22, un piccolo vantaggio al più giovane lo danno comunque.

Poi c’è Jasmine Paolini, la nostra piccola gigantesca campionessa, opposta alla croata Donna Vekic in semifinale (siamo sempre a Wimbledon). Mi va fuori giri, Jasmine, fatica a tenere le saette dell’avversaria, più composta, più solida, quasi glaciale. Statuaria. La gente sta con l’italiana, la partita mica tanto. È un’arrampicata a mani nude, la nostra è un po’ ingolfata prima ancora della bravura di Donna che comunque, obiettivamente, c’è e si vede.

Non ingrana la prima, così e così la seconda, diventa una corsa ad inseguimento. La tappa si fa presto in salita ripida, ma – a parte qualche scatto – mancano ritmo, pedalata, passo. Gira il vento nel secondo set, Jasmine lotta e sorride (finalmente), 1-1. Il livello è alto, con picchi come su un ottovolante.

Nell’ultimo set Jasmine sembra inabissarsi: tensione, vertigini da favorita, un’avversaria aspra e difficile. Resuscita con la testa e la forza, Jasmine, si ricompone, arriva a 2 match point, porta Donna alle lacrime. Decide il tie break, tiratissimo, entrambe esaltate dalle difficoltà. Si arriva al 6-6, 7-7, 8-8, allo scadere della terza ora di gioco è 10-8!

Paolini va da sorpresa, da vincitrice, in finale!

Godiamocelo infine Musetti, questo scoppiettante campione in erba della nostra epopea nazionale, che ha condiviso la festa regionale toscana con Jasmine Paolini: Lorenzo è di Carrara, lei di Bagni di Lucca, questione di pochi chilometri, questione di aria da alte vette, nonostante il mare così vicino. Sono salpati, Lorenzo e Jasmine: vogliono andare al largo, vogliono andare lontano.Pubblicità

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