C’E’ QUALCOSA DA SALVARE NELLA STORICA MUSATA DI SALVINI

Non è facile indovinare che cosa abbia spinto davvero Salvini a cercarsi rogne in Polonia: rifarsi una verginità dopo il lingua in bocca con Putin, dimostrare la sua innata indole da buon samaritano, mettersi finalmente dalla parte giusta. Più o meno un po’ di tutto questo, si può ragionevolmente presumere.

Il problema è semplice: di tutte le prerogative e i connotati che oggi come oggi un amico degli ucraini deve avere,  lui non ne ha nemmeno una. Col tempo, magari, se ne farà. Ma adesso non può pensare di arrivare al confine con l’Ucraina e trovare la gente che balla sui tavoli in suo onore: questo succede al Papeete, ma lì tira tutta un’altra aria. E’ pensabile che avesse messo in conto i pesci in faccia. E’ quasi certo, non essendo propriamente un ingenuo. E allora nessuna sorpresa e nessuna offesa. Magari, data la situazione, sarebbe sempre salutare evitarsi commenti surreali del tipo “non sono l’unico politico ad avere incontrato Putin, in passato” (un conto è l’incontro, un altro è sottoscriverci accordi di partito e celebrare dicendo cedo due Mattarella per mezzo Putin, NDR).

Il resto è già sulle foto che fanno il giro del mondo. Va come vanno queste cose, come vanno solitamente, come devono andare: il sindaco di Przemysl gli mostra una maglietta col volto di Putin, quella orgogliosamente indossata in passato da Matteo putiniano, e lo smonta in due parole: «Io non la ricevo, se vuole venga al confine a condannarlo».

Adesso è tutto un ridere e un darsi di gomito, qui in Italia. Se le va a cercare, diciamo noi. Anche se, anche se. Dopo tutto, a Salvini un merito va riconosciuto: non si è nascosto, non si è mimetizzato, non si è girato fischiettando. Ha cercato il confronto e ci ha messo la faccia, andando a sbattere sapendo di sbattere. Il che, in fin dei conti, non è così comune tra i nostri trasformisti d’alto bordo. Se trasformista è, lui almeno non lo nasconde e non pretende che siano gli altri a non aver capito. Si mette in viaggio di persona e va a prendersi i pomodori. Non è chiaramente pensabile che questo chiuda la questione, gli ucraini e i polacchi evidentemente hanno più memoria di noi, che tendiamo a dimenticare dopo un giro di orologio. Ma è decisamente un inizio.

Certo, per una catarsi totale e definitiva manca sempre il gesto fondamentale, uno e primo, anche senza viaggi plateali fino al fronte. Poche, semplici parole, che comunque servirebbero più di qualunque parata. Parole più o meno come queste: “Ho sbagliato, vi chiedo scusa”. E’ che a certi livelli proprio non ce la fanno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *