CARO TONY, DIO CREDE IN NOI

Oggi l’amico Tony Damascelli si sfoga con un @ltroPensiero natalizio di invocazione a Dio: dove sei? Dove sei, Dio, tra i morti di Ravanusa anche tu muto con la mascherina, a piedi tra alluvioni e tragedie, sofferenze e sconcerto visto che Ave Maria e Padre Nostro non bastano più…? Dove sei Dio su questo pianeta che rotola nell’universo verso lo sfacelo?

Ci penserà – immagino – il nostro don Alberto Carrara a puntualizzare, ma è meglio prima fare due conti tra noi cristiani di strada. La domanda che ti fai tu, caro Tony, ciclicamente se la fanno tutti i cristiani, martiri o pavidi, bigotti o ipocriti (spesso sono la stessa persona). Me la sono fatta io e se l’è fatta mia madre, salvo brusca retromarcia lei che andava in chiesa ogni giorno e conosceva la vita e la storia di tutti i santi. Non mio padre, invece, che sul letto di morte annunciata a soli 60 anni scriveva lettere a una suora, ringraziando Dio per la breve vita trascorsa e per la bella famiglia che gli aveva regalato, dopo un’infanzia orfana e complicata. Quella domanda se la fa Gesù in croce (“Padre, perché mi hai abbandonato?”), figurarsi noialtri.

Anni fa, al funerale di un nostro collega che anche tu conoscevi molto bene, Tony, la redazione mi chiese di leggere un pensiero sull’altare a fine Messa. Quando salii, incrociai lo sguardo della moglie che teneva in braccio la secondogenita nata poche settimane prima e gli occhi del figlio più grande, che aveva 7-8 anni. Mi tremavano le gambe, ricordo bene il senso di quello che dissi loro: “Io sono in enorme difficoltà nel parlarvi, perché non c’è modo di consolare una vedova, i figli, i genitori del nostro amico, i suoi suoceri. Non c’è nessun modo dopo una morte senza senso come questa. Quindi per farmi coraggio e trovare qualcosa di sensato da dire, prima di venire a questo microfono ho fissato l’altare. Ho fissato intensamente quel crocifisso, dove è inchiodato il figlio del mio Dio, del Dio in cui credo”.
Massacrato dagli uomini, quegli uomini che secondo la mia religione sono stati creati da quello stesso Dio. Non ha mosso un dito per salvare suo figlio, non dico dalla morte, ma almeno dalla flagellazione. Niente, Dio non ha fatto niente. Credo in un Dio che ha lasciato torturare e poi appendere suo figlio. Non ho che domande, non ho che dubbi, non ho che fede, e non ho risposte. Resto aggrappato a quel crocifisso, quel morto ammazzato che si chiama Gesù figlio di Dio: qualcosa vorrà pur dire.
Anche se, più che al Dio anziano con la barba lunga, la mia credenza si basa sulle energie, si perde tra monti e fiumi, mari e colline, albe e tramonti, cielo e terra coltivata; anche se la mia rabbia tra Ravanusa e Xi’an, monta da Wuhan a Catania, dal Covid alle tempeste; beh, caro Tony, io ce l’ho con l’uomo. Con quello che avevamo, potevamo fare meglio, molto meglio che sfasciare la casa, il pianeta che abitiamo, a colpi di mazza da baseball. Nessun altro essere vivente lo fa: nei secoli dei secoli, gli animali difendono, proteggono, rendono confortevoli le loro tane, i loro nidi, le loro cucce, nei prati e nei ghiacci, in acqua o tra le rocce. L’uomo no: l’uomo devasta.
Dopo di che, sulle piaghe d’Egitto e la strage degli innocenti, sui terremoti e Pompei, non so che dirti: Dio se ne sta lì, come ho letto nelle Scritture, a vedere che ci fa il suo uomo con la vita. E, come dici tu, Dio aspetta di rivederci dove ha deciso di stare, tra le nuvole e il sole.
Non ho mai avuto niente di più concreto per dare un senso a tutto. Niente di più. E forse Dio stesso si chiede se intervenire ci aiuterebbe a capire, o sarebbe ancora peggio vista la nostra natura di nati comodi, che non riusciamo ad apprezzare perché è un attimo, nascere in Sudan anziché a Los Angeles, e a me resta forte la convinzione che se l’uomo avesse voluto, se si fosse applicato, se avesse coltivato, beh anche in Sudan si potrebbe vivere bene e in pace.
Dopo tutti quelli che abbiamo alle spalle nella milionaria storia del mondo, quest’ultimo sfacelo ci dovrebbe indurre, anziché continuare a pensare se credere o no in Dio, nel convincerci che Dio crede in noi. E agire di conseguenza.

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