CARO RONCALLI, SE ANCHE IL SELFIE VIP PUO’ SERVIRE, LASCIAMOLI FARE

di LUCA SERAFINI – Caro Johnny Roncalli, il tuo pezzo sui volontari vip è d’acchito e sostanzialmente condivisibile, ai più: la solfa dei selfie è genericamente straziante di suo, a prescindere da temi e soggetti. Il che mi induce a una confessione postuma, già resa in spiccioli nel corso degli anni. Quando partii per i campi profughi dei kossovari in Albania, nel 1999, fui spinto certamente da un impulso umanitario perché quelle immagini di donne, anziani e bambini che se ne andavano da casa su muli e trattori mi avevano devastato l’anima. Confesso, però, che appena sbarcato prima ad Argirocastro poi a Ballsh, beh, i social non esistevano… Ma mandare a casa le mie foto mentre pulivo i cessi del campo seguito da uno stuolo di bimbi, mentre chiacchieravo con gli anziani, mentre aiutavo a scaricare i camion che arrivavano ogni giorno zeppi di aiuti umanitari, mi faceva sentire un eroe. Un vip.

Solo con il passare delle settimane, fino al giorno del viaggio in Kosovo per visitare i profughi rientrati in Patria (dopo la firma della pace) e poi il ritorno in Italia, iniziai a sentire dentro uno strano malessere che nel tempo si è trasformato in un senso di colpa: non ero io, l’eroe, ma loro, i profughi. E se avevo incontrato e conosciuto veri profughi, beh, quelli non erano i kossovari accampati, ma io, noi, loro: i volontari di ruolo, gli espatriati. Profughi dalla vita quotidiana che in qualche modo li aveva scacciati.

Una volta in Italia pubblicai un libro fotografico e di testimonianze su quella terribile esperienza, ennesima pagina di sangue e orrore nei Balcani, devolvendo tutti i diritti al Cesvi di Bergamo (l’organizzazione cui appartenevo e che tuttora sostengo): mi sentii nuovamente un piccolo eroe, ma stavolta sfruttai l’enfasi e l’ammirazione che mi circondavano per strappare aiuti economici a favore del Cesvi. Anche cinico, oltre che vanitoso.

I risultati furono considerevoli e da allora, ogni volta che compio un’azione solidale (a casa mia però, d’ora in poi, e mai più in un campo profughi: il “Comitato Maria Letizia Verga” di Monza è più che straordinariamente sufficiente), faccio pubblicità. E non trovo proprio niente di male nel fatto che sia propaganda del mio ego, se poi anche solo una persona, una sola, decidesse di fare qualcosa grazie a quei messaggi.

Non so se mi hai capito fino in fondo, apprezza quanto meno la mia sincerità: lasciali fare, i selfie dei vip o dei volontari o dei vip con i volontari o dei volontari con i vip. Per quanto sia mera propaganda, per quanto infastidiscano te come me con i miei perenni disagi personali per i trascorsi che ti ho detto, bene, credo che se suscitassero compassione o coraggio anche solo in una persona al mondo e questa decidesse quindi di muoversi… ecco, penso che quel nostro dazio pruriginoso non sia poi così salato. È un fine vacuo che giustifica i pochi mezzi del volontariato puro. Sincero. Lasciaci fare.

Un pensiero su “CARO RONCALLI, SE ANCHE IL SELFIE VIP PUO’ SERVIRE, LASCIAMOLI FARE

  1. Johnny Roncalli dice:

    Caro Luca, credo di aver compreso, certo, ma ammetterai la non poi così sottile differenza: tu sei partito davvero a fare volontariato e lo fai, quelli dei quali parlo no. Posano, ad uso e consumo proprio. E chi li guarda, in ogni caso, vede loro, non la causa e certo non lo sprone.
    Se ciò per qualcuno fosse la molla per muoversi e darsi da fare, ben venga, figurati. Se mi sbaglio, mai così felice di sbagliarmi sarò stato.
    Continuo però a vedere in queste estemporanee comparsate una statura morale deprecabile, utilitaristica, che fa affidamento sulla presunta debolezza di chi guarda.
    E sottolineo ancora, il mirino è puntato su chi sfrutta gli altri per il consenso suo. E nulla a che vedere con la pratica del testimonial, dove quasi sempre è la causa a chiedere manforte.
    Mi sbaglierò, ma ognuno poi genera la credibilità che merita. Alla fine ognuno di noi può liberamente giudicare, chi in un senso, chi in un altro. E tutti avremo ragione.
    Grazie Luca.
    Johnny Roncalli

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