CARO BAFFO, BECCATI QUESTI AUGURI MILANISTI

Caro Baffo, anzitutto auguri di cuore per i tuoi 80 anni. Il mio regalo è un aneddoto di cui ti interesserà poco, ma non avendotelo mai raccontato di persona, te lo scrivo oggi e mi dispiace, perché dal vivo lo avresti concluso con una battuta sferzante delle tue. Una battuta interista, ovviamente.

Beh, Sandro, quando io ero bambino di calcio in televisione ce n’era davvero poco: la Nazionale, Inter, Milan, Juventus, basta, poi casomai dovevi comprarti la “Gazzetta” che allora era il quotidiano sportivo più autorevole e costava 70 lire. Il problema è che moltiplicato 7 giorni…

Purtroppo io 350 lire alla settimana non li avevo perché la paghetta bastava giusto la domenica per il cinema all’oratorio e le rotelle di liquerizia. Qualche bar aveva la “Gazzetta” sul bancone, ma io non bevevo ancora caffè e qualsiasi altra cosa, al bar, costava più di 70 lire. Non si poteva sfogliarla a scrocco. Per fartela breve, la Gazzetta la compravo il lunedì e – quando c’erano le coppe – il giovedì, altrimenti tornando da scuola mi fermavo in portineria dove il custode mangiava mortadella e pallone (bevendoci su molto Lambrusco). Ezio, così si chiamava, mi faceva una testa così: Mazzola e Rivera, Rivera e Mazzola, Mazzola e Rivera…

Non mi ricordo se fosse del Milan o dell’Inter, so solo che Ezio amava Rivera e Mazzola, Mazzola e Rivera, Rivera e Mazzola: parlava solo di voi due. Voi due eravate il calcio, il resto era contorno. Io a quell’età non ero ancora andato neanche una volta allo stadio, sognavo e basta. Ero indeciso, potevo cascare di qua o di là dal naviglio. Diventai milanista per colpa (o grazie a) di un cugino riveriano che mi portò a San Siro a vedere i rossoneri, a condizione che accettassi il poster di Rivera da attaccare in camera. Sono i bivi della vita, Baffo.

Scusa se parlo più di me che di te, ma sono conosciuto come un bue marchiato Milan eppure orgoglioso di aver conosciuto, frequentato e in qualche caso essere diventato amico, di nerazzurri doc: Suarez, Corso, Giancarlo Beltrami, Zenga, Ferri, Altobelli…

Quattro di loro, quattro di voi, porto nel cuore in uno spazio particolare. Anzitutto, Peppino Pisco che mi sfotteva durante le interviste, così ogni volta dovevo interrompere l’operatore e ricominciare. Andai al suo funerale con Giovanni Lodetti, colonna del Milan di Rivera: sono stati i primi, unici e ultimi applausi che abbiamo preso da una folla interista (la battuta è di Giovannino). Mauro Bellugi, il primo grandissimo campione di calcio col quale ebbi a che fare per lavoro, nei primissimi anni Ottanta, curando insieme una rubrica per il mensile “SuperGol” diretto da Maurizio Mosca. I suoi aneddoti, il suo carattere e la sua gioia di vivere me le porto gelosamente nel cuore, insieme con l’immagine della sua splendida Lory. Evaristo Beccalossi, col quale ci frequentiamo ancora negli studi televisivi e anzi ancora oggi io spero sempre di incrociarlo perché abbiamo la stessa ironia, la stessa voglia di sorridere di una cosa così seria come il pallone e – soprattutto – lo stesso amore per il pallone. In onda insieme ci divertiamo.

Infine, ma non per ultimo, tu. Così bravo, così forte, elegante in campo, così pacato ma pungente fuori. Anche te ho avuto la fortuna e l’emozione di conoscere un milione di anni fa, anche te incrociavo sempre volentieri, perché ogni volta si parla di calcio, si scherza, non ci si prende poi così sul serio. Prima di appendere in camera quel poster di Rivera, avevo incorniciato una vignetta del grande Silva che immortalava un tuo gol incredibile segnato con la maglia azzurra della Nazionale alla Svizzera. Avevi fatto sette palleggi al limite dell’area, da destra verso il centro, senza mai farla cadere per terra e alla fine scaraventandola in porta. Come poteva un bambino non innamorarsi di una perla così luminosa?

Sarà per questo che ricordo Vieri Burgnich Facchetti… a memoria come Vecchi Sabadini Anquilletti… Perché quei ricordi non sono rossonerazzurri, ma in grigio e nero o su pagine rosa. E’ vero, confesso, c’è sempre un po’ di orgoglio nell’incrociarti in studio dopo una vittoria del Milan, ma non riesco mai a ribattere perché il tuo refrain (“Siete solo fortunati, avete un gran culo”) spegne qualsiasi scintilla: l’Inter è sempre e comunque più forte, il Milan è sempre è comunque baciato dalla sorte. E valgono più due serie B di 7 Coppe dei campioni. Ma, come ti ho detto una volta, io mi tengo le 7 Coppe dei campioni e quei 2 campionati vinti in serie B mentre tu fumavi il tuo sigaro a metà classifica della serie A, “anonimi come sempre”.

Di gente come te in televisione ne va sempre meno. Di storie così belle da raccontare avremmo bisogno, ma grandiosi protagonisti come te (e Rivera) sentiamo sempre più la mancanza. Così diversi, così lontani, così uniti da un talento superbo, inarrivabile, come inarrivabili voi.

La cosa che mi ha sempre divertito di più è parlare tra noi a bassa voce prendendo in giro qualcun altro. Per qualche attimo mi fa sentire tuo alleato. Poi, naturalmente, ognuno a casa sua: tu col tuo sigaro, io con le mie Coppe dei campioni.

Buon compleanno Baffo: cento di questi anni, molti senza vincere niente, qualcuno conquistando i tanti trofei che una stella come la tua ha meritato alla grande. Ti voglio bene.

Un pensiero su “CARO BAFFO, BECCATI QUESTI AUGURI MILANISTI

  1. Luca Cerri dice:

    Grazie Luca, un piccolo romanzo con dentro tutto. Soprattutto la vita che si accompagna al calcio ed ai suoi valori più belli.

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