Neanche Natale e già siamo ossessionati dal Festival di Sanremo. Con toni e atmosfere da elezione papale, o da consegna della dichiarazione di guerra, i Tg Rai scodellano in orario di punta Carlo Conti con i nomi del prossimo circo equestre. Posture che neanche Spalletti quando rivela la formazione.
Vista da qui, da adesso, nessuno può dire come sarà la nuova (sì, rivoluzionaria, come no) formula, attesissima per il confronto con i successoni di Amadeus. Conti parla subito di scelte difficili, come quando Spalletti deve lasciar fuori Tonali o Scamacca, ma garantisce sul livello altissimo.
Non c’è bisogno che lui sottolinei: lo vediamo da soli quant’è alto. Come il suo predecessore, Conti butta dentro un po’ di tutto e chiusa lì. Farebbero prima a dirlo: il mercato ha le sue esigenze, dobbiamo braccare tutte le fasce di età, di gusto, di ceto sociale, di tendenza politica, tutto di tutti, per cui lasciamo perdere i bei discorsi sulla formula, sull’idea, sulla novità. Sanremo era, Sanremo resterà.
Più che altro, se proprio vogliamo cercare qualche effettivo elemento di originalità, possiamo già dire che come minimo Carlo Conti sarà pronto dopo il Festival di Sanremo per il Festival di San Vittore. Diciamola tutta: lasciare a casa Albano, o chi per esso, e imbarcare la comitiva di trapper significa piegarsi alle logiche più oscure e border-line del mercato, quello ripiegato sui testi violenti, sulle facce truci, sulla banalità di questa loro trasgressione conformista e fighetta, sulle istigazioni a odiare e tagliare e pippare, sul dissing bamboccione, sul sessismo estremo, proprio in questi tempi ipocriti e farisei che là fuori non perdonano nemmeno più uno “stupidina” rivolto alla donna.
Fedez e Tony Effe le star, nemmeno il caso di dirlo. Quelli che litigano o costruiscono litigi per attirare l’attenzione, evidentemente a ragione, visto come poi vengono premiati dai Conti e dal sistema dei nuovi mostri. Peccato che questa gente sia ormai espressione di un’Italia molto particolare, un’Italia per niente tranquilla e rassicurante, come dimostrano le frequentazioni – oggetto di pesanti inchieste penali – con i tagliagole delle curve e dei locali notturni.
E questo – non va dimenticato mai – sarebbe servizio pubblico, Rai 1, rete educativa (da piegarsi in due dal ridere). Ancora nessuno ha dimenticato Fedez nella memorabile serata in cui mimò sodomia con il suo simile Rosa Chemical, in allegato il disgustoso bacio in bocca, ancora ne siamo estasiati ed ecco che l’ottimo innovatico creativo CConti ce lo ripresenta ineffabile e compiaciuto. Scelte difficili, ci spiega con maschera sofferta. Pensa quant’è difficile per gli italiani subirle, amico caro.
In tutto questo, i Jalisse vengono esclusi per la 28esima volta. Fantastica la simpatia con cui brindano al record, unica fiammata di intelligente autoironia in questo avvenimento serioso e cimiteriale. Però, anche loro, cosa pretendono: per entrare a Sanremo bisogna avere i requisiti. Andassero almeno a fare qualche rapina in banca.
Sig.Gatti concordo con Lei,ma aggiungo anche “chi se ne frega” di Sanremo,mi interessa molto di più la Milano-Sanremo.Per quanto riguarda il festival non lo vedo da quando non sono più ragazzino e in casa avevamo la tv in bianco e nero.Siamo liberi di non guardare un circo di freak che chiamano cantanti,anzi era decisamente superiore Freak Antoni al secolo Roberto Antoni degli Skiantos che non erano più demenziali di certi tipi che si vedono oggi.
Cordialmente.
Caro Alessandro, non sono neppure io uno di quelli che passano le notti guardando il Festival. Penso come lei che se un programma non piace basti cambiare canale, o magari spegnere. Ma purtroppo non è tutto così semplice, in questo caso c’è in ballo una questione molto più profonda e pesante, la solita: l’utilizzo dei soldi pubblici, nostri. Se Berlusconi o Cairo hanno voglia di fare porcate, liberissimi: i soldi sono loro e non c’è niente da aggiungere. Ma questa è la Rai, che pateticamente continuiamo a definire servizio pubblico, e allora non può passare via tutto così liscio. Quanto meno, difendiamo la nostra libertà di non subire in silenzio, di non adeguarci. Se posso spingermi più in là, di ribellarci. Un caro saluto, continui a seguirci.