CARA LIBERTA’

 

di MARIO SCHIANI – Negli ultimi giorni hanno raggiunto i nostri bollettini due notizie che, in comune, sembrano avere soltanto la provenienza: l’Asia. La prima riguarda il leader nordcoreano Kim Jong-un il quale, in una dichiarazione praticamente senza precedenti, si è “scusato” per l’uccisione di un funzionario sudcoreano: “Sono profondamente dispiaciuto per questo imprevisto e sfortunato incidente accaduto nelle nostre acque territoriali che ha certamente deluso il presidente Moon Jae-in e tutto il popolo del Sud”. Il funzionario avrebbe voluto consegnarsi alle autorità nordcoreane in atto di defezione (la sua famiglia però nega che avesse questa intenzione), ma è stato preso a fucilate e bruciato dalle guardie di Kim come misura di prevenzione contro la diffusione del Coronavirus. Da quelle parti, a quanto pare, il concetto di quarantena coincide con quello di eternità.

La seconda notizia è che l’attivista democratico di Hong Kong Joshua Wong, 23 anni (NELLA FOTO), è stato arrestato per l’ennesima volta. L’accusa è quella di aver partecipato a una manifestazione non autorizzata nell’ottobre dello scorso anno. Liberato su cauzione, Wong dovrà presentarsi in tribunale il 30 settembre giusto in tempo per beccarsi una sentenza (rischia fino a sei anni di carcere) che lo toglierebbe dalle strade fin dal primo ottobre, giorno in cui inizieranno ufficialmente le celebrazioni per la fondazione della Repubblica popolare cinese, “festeggiamenti” che le autorità temono vengano disturbati da eventuali manifestazioni di protesta. Wong è l’esponente più in vista tra quanti si oppongono alla “normalizzazione” dell’ex colonia britannica: il suo libro “Noi siamo la rivoluzione”, nel quale mette in guardia l’Occidente sulle smanie di potere della Cina, sostenendo che Hong Kong non è che un esempio di future “appropriazioni”, è stato pubblicato anche in Italia da Feltrinelli.

Apparentemente distanti l’una dall’altra, queste notizie sono tuttavia collegate da un sottile filo (rosso): entrambe dimostrano come ancora oggi, nel 2020, il potere abbia la capacità di muoversi in modo arbitrario e paranoico, autoritario e cieco. Si direbbe che le “scuse” di Kim rappresentino una buona notizia: in realtà, nell’assumersi implicitamente la responsabilità di un “incidente”, che altro non è se non un assassinio, il leader nordcoreano ammette che dalle sue parti le cose si risolvono a fucilate e a cadaveri cosparsi di benzina. Spesso si citano le relazioni allacciate con Kim come esempio di successo dell’amministrazione Trump: un’affermazione che pecca di eccessivo entusiasmo. I colloqui con il presidente americano hanno riconosciuto a Kim uno status di leader internazionale che, ora, sarà difficile togliergli. Il Paese che, solo, avrebbe potuto dare una spallata al suo regime, la Cina, ha ora le mani legate e per i nordcoreani ogni speranza di libertà si è di fatto allontanata.

Sull’altro fronte, nonostante le flebili proteste da parte europea (più vibrate e concrete quelle americane) il sistema libertario di Hong Kong che garantiva, se non una piena democrazia, almeno libertà di stampa e di espressione, sta precipitando a spirale e la “normalizzazione” cinese è sempre più evidente. Si finisce a processo sotto qualunque pretesto e l’editore di un popolarissimo quotidiano è già stato messo in manette.

Tutto questo, per noi, ha un valore relativo se non rapportato alle libertà di cui ancora godiamo. Nell’attaccare e criticare il nostro sistema, nell’esprimere sempre e comunque disprezzo e disaffezione per l’impalcatura istituzionale dell’Italia repubblicana, dimentichiamo sempre che, altrove, le cose vanno molto diversamente. La nostra fortuna non è quella di avere un sistema perfetto –  il nostro certamente perfetto non è – ma quella di poterlo dire ad alta voce. Nessuno a Pyongyang e, incredibile a dirsi, a Hong Kong oggi può permettersi di fare altrettanto. Sarà libertà di pensiero anche immaginare complotti e massonerie assortite a ogni passo, ma in certi Paesi queste speculazioni raggiungono la concretezza di fucili e filo spinato, per cui forse non è il caso di esagerare. Niente di troppo difficile: basterà tenere sempre a mente la differenza che passa tra un brutto sogno e una tanica di benzina.

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