CARA CHIESA MIA, STO CON L’ERETICO DON GIULIO

Le leggi vanno rispettate. Soprattutto se, per scelta, fai parte di un ordinamento, di una comunità, di un tessuto sociale o spirituale che le prevede. Grazie al cielo (diciamo pure grazie a Dio) la storia, la letteratura, la filmografia, sono invece ricchissime di casi in cui persone, uomini e donne, anziani e giovani, etero e gay, di un colore o di un altro colore, si sono battuti per cambiarla, qualche legge, se pensavano fosse sbagliata. Lo hanno fatto con tenacia, con coraggio, con ogni mezzo, a scapito della propria esistenza e spesso della propria stessa vita, sacrificandola per lasciare in eredità ai successori una regola più giusta, più equa.

Non occorre partire da una capitale. Si può fare la rivoluzione anche in un paesino di 800 abitanti, per esempio una perla incastonata nel gomito ligure di Levante appoggiata alle Cinque Terre: è lì, a Bonassola, che il 50enne don Giulio Mignani ha iniziato la sua pacata battaglia verbale, che nei contenuti pacata non lo è affatto. A marzo di quest’anno ha detto che “per un cattolico è lecito avere un’apertura nei confronti dell’eutanasia e quindi della possibilità di avere una legge che la regolamenti”. In passato si era espresso a favore dell’aborto, delle unioni civili tra omosessuali e aveva criticato lo sportello antigender della Regione Liguria. L’anno scorso non ha benedetto le palme, a Pasqua, come forma di protesta contro il documento della Congregazione per la dottrina della fede, che vieta la benedizione delle unioni di coppie omosessuali. “Questo tipo di apertura”, aveva dichiarato al quotidiano ‘La Nazione’, “può venire certamente da una visione materialista della vita, ma anche scavando nello spirituale. Se io voglio rispettare la vita dell’essere umano, non devo rispettare solo la sua vita biologica, ma anche quella spirituale, passando attraverso il corpo, l’anima, la libertà, la capacità di autodeterminazione”.

Un po’ troppo per le ferree, irreprensibili leggi della nostra Chiesa: dall’alto delle sue irrisolte contraddizioni, l’istituzione ha scelto l’intransigenza nei confronti di questo parroco eretico, costretto a un whatsapp inviato ai suoi parrocchiani. “Buongiorno a tutti – dice lo stesso don Giulio -. È mio dovere comunicarvi che, a partire da oggi (lunedì 3 ottobre 2022, ndr), sono stato sospeso ‘a divinis’, sono stato cioé sospeso dal mio ministero. Vuol dire che rimango prete e non sono scomunicato, però non posso più realizzare alcuna celebrazione pubblica di sacramenti e sacramentali e non posso predicare. Per la messa domenicale, provvisoriamente verrà un prete a sostituirmi, in attesa della nomina di un mio successore. Colgo l’occasione per ringraziare tutti per l’aiuto, l’affetto umano, la stima e la vicinanza che mi avete donato in questi anni”.

La diocesi di La Spezia aveva chiarito che “nel mese di dicembre 2021 don Giulio era già stato richiamato dal vescovo con atto formale all’osservanza degli impegni pastorali e canonici liberamente assunti. Purtroppo negli ultimi mesi ha continuato a rilasciare ulteriori esternazioni”.

Benché don Giulio non sia solo nella sua battaglia, come dimostrano già i moti di popolo nelle Cinque Terre per sostenerlo in questa sua Via Crucis, da solo infine è rimasto: “Sì, molte persone sono entrate in contatto con me, fanno parte del mondo religioso, non si espongono, mi dicono personalmente di essere d’accordo, ma poi preferiscono non esporsi perché la conseguenza che possono prima o poi subire è la sospensione a divinis. Le posizioni che ho assunto non hanno mai voluto essere offensive né polemiche nei confronti della Chiesa – chiarisce don Giulio -. Ciò che mi ha sempre mosso è la preoccupazione che la Chiesa possa essere considerata sempre più marginale e sempre meno credibile nella società contemporanea. Per ovviare al pericolo che la Chiesa si chiuda in una sterile autoreferenzialità, mi sembra che la via sia quella di permettere a tutti i suoi membri, clero compreso, di poter esprimere liberamente il proprio desiderio di cambiamento. Ho cercato di attuare un serio esercizio di ascolto delle persone che ho incontrato nel mio ministero”.

In queste settimane in cui mi sono sottoposto a un intervento chirurgico, e ora mi trovo in convalescenza, ho deciso di riprendere in mano la Bibbia per rileggerla (è la terza volta nella mia vita) prima in ospedale, ora a casa. Ogni volta mi sorprendo nell’imbattermi in passaggi eccome rivoluzionari, eccome progressisti, in grado di scavalcare la civiltà dell’epoca e quella contemporanea. Mi sono rimasti pochissimi punti di riferimento sacerdotali per confrontarmi nei molti dubbi cristiani di interpretazione, perché la maggior parte dei preti liquida per esempio la questione dell’Antico Testamento (dove compaiono pena di morte, incesti, prove disumane come l’istigazione al sacrificio di un figlio) come “sorpassato, perché poi è arrivato il Nuovo Testamento”. Un po’ come se Dio ci avesse ripensato, e questo non mi torna.
Voglio dire che nelle Scritture, alcune “traduzioni” fatte dalla Chiesa non le comprendo, non le comprendiamo, non le abbiamo mai capite. Credo per esempio che il primo a dirlo sia stato Papa Giovanni XXIII: la Sacra Famiglia è la famiglia più anomala della storia, con un padre muto che non consuma, una madre vergine e un figlio rivoluzionario. Un’unione basata sullo spirito quindi, prima che sul corpo. Nel contesto di una religione dove l’omosessualità è sfiorata ma certamente non centrica e, peraltro, agli etero viene fatto monito di accoppiarsi solo per generare e non per ludibrio. Che a pensarci bene, da parrocchiano umile e pieno di dubbi (risiedono congeniti nella parola “fede”), è un po’ la stessa cosa.

Non vado oltre, teologi e prelati potrebbero asfaltarmi con la loro proverbiale favella – sebbene alcuni di loro sostengano che l’inferno sia vuoto – e quindi mi limito a don Giulio e alla Chiesa.

Le rivoluzioni si possono, si devono fare anche dall’interno. Anche se ai più è sfuggito, qualche mese fa Papa Bergoglio aveva rotto uno spicchio di oscurantismo: “E’ ora di smetterla di pensare che i peccati della carne siano i peggiori, perché non è vero”. La sessualità è un dono di Dio e ognuno deve viverla nel rispetto proprio e altrui, in una sfera comunque personale e non oggetto di dibattito collettivo. Ratzinger a sua volta disse: “Continuiamo a credere che un neonato non battezzato finisca nel limbo. Non esiste, basta con questi retaggi”.

Sono laico, un po’ stufo della separazione aristocratica in cui la Chiesa spesso confina le mie idee. Sto con don Giulio, con tutti i don Giulio del mondo, sempre e comunque, per migliorare la Chiesa e non per combatterla, memore dell’insegnamento del più grande cristiano praticante che abbia mai conosciuto: mio padre. Consapevole di essere giunto alla fine dei suoi giorni, papà scrisse lettere segrete ringraziando Dio per l’esistenza ricevuta (sofferta e complessa), per la sua famiglia, per la fede. Le consegnò a una suora di trincea che a sua volta le diede a mia madre dopo il funerale. Mio padre ha cresciuto me e le mie sorelle ripetendoci continuamente: “La religione cattolica è credibile, ha radici solide e molto profonde, perché da 2000 anni resiste alla Chiesa”.

Un pensiero su “CARA CHIESA MIA, STO CON L’ERETICO DON GIULIO

  1. Alessia Biscozzo dice:

    La bibbia + um libro pieno di bellissime storie scritte da uomini,esseri fatti di carne e si spirito; la chiesa ha usato quel libro per sottomettere i suoi fedeli,quindi ce ne fossero di don Giulio,sacerdoti dalla mentalità aperta che non si son fatti irretire dai dictat della chiesa; quindi anche io sto con don GIulio

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