“CAMPIONATI DA CONCLUDERE”

di LUCA SERAFINI – Massimo Oddo, 43 anni, allenatore, da calciatore ha vinto tutto: è stato campione del mondo con la Nazionale azzurra nel 2006 e ha conquistato uno scudetto, una Champions League, una Supercoppa europea, un Mondiale per club e una Supercoppa italiana con il Milan, una Coppa Italia con la Lazio. Ha giocato anche con le maglie di Napoli, Verona e Bayern Monaco. Da allenatore è stato l’artefice del ritorno in serie A del Pescara nel 2016. Soprattutto, è un uomo che riesce a ragionare fuori dai luoghi comuni e dalle frasi fatte, sforzandosi di arrivare al nocciolo delle questioni. Mai come adesso, con il calcio ghettizzato in un angolo comunque di privilegio, fuori dalla realtà grave di questi giorni.

Come stai?

“Come tutti, preoccupato da questa routine sconvolgente. Mia moglie Roberta è incinta, partorirà a giugno e questa se da un lato è un motivo di ansia ulteriore, al pensiero degli ospedali e del momento, dall’altro è la più grande luce nel buio”.

Hai altri due figli, Davide di 16 e Francesco di 11 anni. Loro come stanno vivendo?

“Per fortuna abitano con la mia ex moglie nel palazzo di fronte a dove vivo, così devo solo attraversare la strada e salire da loro un paio d’ore al giorno. Gli parliamo molto, li aiuto a studiare, scherziamo per quanto si possa. Per loro è decisamente più difficile”.

Il calcio si sta interrogando sul suo futuro.

“Credo che le soluzioni siano molto chiare e inevitabili. Il calcio è un’azienda, non è un circo, va trattato e gestito come un’azienda”.

Da dove cominciamo?

“Dai campionati: andranno conclusi. Tutti. Non importa quando e come, ma andrà conclusa la stagione che era in corso. Non è una questione etica o sportiva: le società incassano grazie alle partite, tutto il movimento si basa sulle partite. Il calcio ha il vantaggio di vivere su introiti certi legati al calendario, grazie ai diritti televisivi e agli sponsor. Poi i risultati determinano altri guadagni a seconda degli incassi, di vittorie, piazzamenti, promozioni e retrocessioni, ma la parte più importante è garantita in anticipo grazie al regolare svolgimento della stagione. Siccome quella in corso non potrà più essere regolare in alcun modo, quando sarà sarà, ma andrà ripresa e terminata. Anche a costo di rivedere i calendari futuri”.

Le società sono molto divise su questo.

“Non devono decidere i club: devono decidere Fifa e Uefa in concertazione con i governi, prima ancora che con le Federazioni. Bisogna ragionare a livello internazionale, non si può permettere che ogni parrocchia decida per conto proprio”.

Perché con i governi?

“Perché il calcio è un’azienda enorme e va trattata come tale. Gli Stati devono usare con il calcio gli stessi strumenti adottati per tutte le aziende, come la cassa integrazione e il congelamento dei contributi per esempio. Non mi riferisco ai calciatori: mi riferisco a magazzinieri, massaggiatori, impiegati, giardinieri… Tutti quelli che con il calcio ci vivono. Pensa alle aziende che lavorano grazie al calcio, a piramide, come se fosse una catena: il pallone ha in pancia migliaia di lavoratori, non solo allenatori e calciatori”.

In serie A però, dove l’indebitamento dei club è di qualche miliardo, gli ingaggi assorbono percentuali elevatissime dei fatturati…

“I calciatori guadagnano molto perché alimentano grandi introiti. Se questi diminuiscono, diminuiranno anche gli ingaggi, è una legge naturale: non dovrà essere scritta da nessuno. Qualche squadra ha iniziato spontaneamente a tagliarsi gli stipendi per poter pagare quelli degli altri impiegati dei club, ma questo è un altro discorso. Non mi aspetto nemmeno che la gente capisca, perché per molti questo non è mai solo solo un discorso di pura economia, ma di etica spicciola: se il calciatore taglia dicono ‘con tutto quello che guadagna’, se non taglia dicono lo stesso ‘con tutto quello che guadagna’… La serie A indebitata per miliardi? Le società sull’orlo del collasso prima della quarantena, lo saranno anche dopo. Le singola gestione è un problema dei presidenti: chi non ce l’avrebbe fatta comunque per sua colpa, non ce la farà neanche adesso, ma se non si interviene a livello di movimento a saltare saranno in tanti”.

Nessun privilegio per nessuno, quindi.

“Non si tratta di privilegiare, ma di proteggere. Non lo dico perché io sia parte della casta, ma perché parliamo di una delle prime aziende italiane e va tutelata per questo motivo, non per questioni corporative. Nello spettacolo, nella cultura, nell’arte le cifre sono diverse, ma la mia idea non cambia: sono aziende. I governi devono trattarle come aziende”.

Ricapitolando, le tue proposte sono: Fifa e Uefa devono imporre la ripresa delle stagioni interrotte secondo i calendari che saranno possibili in futuro, i governi devono trattare con le Federazioni la dilazione degli oneri fiscali, la cassa integrazione per i lavoratori del calcio, la sospensione degli stipendi ai calciatori con successiva discussione sui tagli agli ingaggi.

“Esattamente in quest’ordine. E vorrei concludere ripetendo che si tratta della sopravvivenza di un’industria, non di un mondo avulso o sprofondato nella bambagia”.

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