Lui si presenta con bicicletta e telecamera sui luoghi dello spaccio, fa domande, presidia, denuncia, manda in onda. Per gli spacciatori è più fastidioso della polizia. Li insegue, li bracca, li segnala, li ridicolizza. E loro, con regolarità da ragionieri, lo menano. Il Brumotti è il nostro Superman, è un esercito di City Angels racchiuso dentro un cuore solo. Un cuore grande che anima un volto sul quale leggi incoscienza e coraggio, non è ben chiaro in quali dosi.
L’altroieri è arrivato in Porta Venezia a Milano, pieno centro, quartiere arcobaleno voluto dal sindaco Beppe Sala, e ha cominciato a filmare i pusher in azione. Cocaina, crack, metanfetamina per lo sballo notturno al tempo del Covid. Sfrontati, in pieno giorno, senza ritegno e senza controllo (ma la lotta alla microcriminalità e la sicurezza del cittadino valgono solo sui programmi elettorali?).
Per loro il Brumotti è un incubo, purtroppo l’unico. Lo hanno circondato, gli hanno strappato la Go Pro e con il bastone hanno cominciato a infierire. «Mi hanno colpito in modo violento al volto, sono svenuto per qualche secondo, conto i lividi qua e là». Prima, per preparare l’assalto, gli avevano lanciato pietre e bottiglie. Come se i padroni del territorio fossero loro e quel Peter Pan solo un fastidio da mettersi alle spalle.
Il meraviglioso fastidio è in sella da una vita. Ha 40 anni, e prima di diventare inviato-ciclista di Striscia è stato campione di bike trial con un paio di eccentrici record mondiali. Al Motor Show di Bologna ha superato 28 sbarre con la ruota superiore della bicicletta, in Sardegna si è tuffato da 17 metri sempre su due ruote e a Dubai ha risalito il grattacielo Burj Khalifa. Grazie a queste imprese è entrato dieci volte nel Guinness dei primati.
Uomo dalla spiccata originalità, non poteva non attrarre l’altra metà del cielo, per lui facilmente scalabile anche a piedi. Così ecco la storia con la nipote di Giorgio Armani, poi con la showgirl Giorgia Palmas e infine con l’ereditiera Annachiara Zoppas. Piccola star del piccolo schermo, si è guadagnato il ruolo di paladino contro lo spaccio a suon di pedalate e di mazzate. Alla domanda (ovvia), chi te lo fa fare, risponde con candore: «Sono figlio di carabiniere e nipote di generale dei carabinieri, ho il senso delle regole nel sangue. È una vocazione, come la fede per i preti».
Poiché ogni sua mossa diventa un video, l’accusa di protagonismo è automatica. Brumotti la rifiuta sottolineando che ogni sua mossa è determinata dalla chiamata dei cittadini, persone comuni esasperate dagli spacciatori, nonni che non possono portare per strada i nipoti. «La telecamera fa paura a tutti, è un’arma potentissima. Così vado a saltellare davanti ai pusher con la mia bici», spiega in un’intervista al Corriere della Sera, «e spero che questo aiuti i cittadini a riprendersi il territorio controllato dalla malavita. Le mafie vanno ridicolizzate e Striscia ha trovato la chiave ironica giusta».
A suo rischio e pericolo, si potrebbe aggiungere contando le tumefazioni e i cerotti. Ma il Brumotti è allenato e ha in tasca altre dieci segnalazioni, altri dieci quartieri da visitare. Dovendo definire il grado di pericolosità, quello degli spacciatori non è neppure il più alto. Da una sua personale classifica (niente di ciò che fa è banale e anche questa è un’ossessione) le persone più cattive sono quelle che parcheggiano l’auto sul posto dei disabili e non vogliono farsi scoprire. Quelli, quando vedono comparire la telecamera, diventano delle belve. E lui di conseguenza diventa la notizia.