Uno spritz, una sdraio per stendersi e godere del sole caldo, una festa con gli amici, una gita in campagna, un viaggio alle Maldive. Niente, Federica Brignone volle, e volle sempre e fortissimamente volle, sciare, scendere in gara per il titolo italiano, medaglietta rispetto al tesoro della regina che occupa il suo salotto di casa.
La porta! Maledetta quella porta, cerchi di evitarla, le sbatti addosso, la pista, d’improvviso, si ribalta come in certi film americani d’azione nei quali si ricorre alle controfigure, ma all’Alpe Lusia nessun trucco, Brignone è scesa veloce, feroce, come le capita da sempre, come le ha insegnato a correre la madre sua, la Ninna, al secolo Maria Rosa Quario, sciatrice illustre e poi voce narrante delle discese di Fede.
Caduta nella neve bianca, una slavina di dolore e di lacrime, il cielo improvvisamente nero, il film del futuro, Cortina, Olimpiade, podio, ha la pellicola stracciata, l’Italia s’è desta tra dazi vari e questa notizia brutta di una campionessa distesa non su una comoda sdraio però sulla lettiga e quindi in sala operatoria.
Solita procedura, solite frasi, tibia e perone, crociato, tempi di recupero, previsioni, pronostici, speranze, timori, tremori. Federica Brignone è fuoriclasse per questo, non riempie stadi, non provoca la ola, non spacca le tifoserie, al massimo se la batte con la Sofia, dalla testa bergamasca più dura della sua, ma che ha già dato al mondo delle stampelle. Sorelle d’Italia, si fa presto a scivolare nella retorica un tanto al chilo, si fa presto a riempire un paio di pagine di giornale per poi rientrare nel recinto dell’arbitro cornuto.
Basta aspettare qualche giorno e ci occuperemo di un altro gigante, non slalom ma tennis, Sinner e tutto quello che l’inno di Mameli comporta, stringiamoci a coorte. Meglio così. Meglio avere gente di casa nostra, merce che esportiamo senza paura di gabelle e minacce.
Un consiglio a Brignone Federica: una fonduta filante e un grigioverde. Lei sa di che cosa si tratta. Alla prossima. In senso buono.