BASTA GIORNALI DI CARTA, CHE BARBA

di MARIO SCHIANI – Non bisognerebbe mai prenderla sul personale. Chiunque favorisca il mondo di una sua (non richiesta) opinione dovrebbe almeno avere il buon gusto di non alimentarla ad astio e risentimento. Eppure, a volte scappa. A toccarci, in fondo, è sempre l’offesa portata a qualche cosa che amiamo. E io, dopo oltre trent’anni passati in redazione, amo i giornali. Quelli online, come @ltropensiero.net, e quelli di carta.

I millennial strabuzzeranno gli occhi alla notizia: io lavoro ancora in un giornale di carta, stampato con la rotativa e distribuito nelle edicole. Mi rendo conto che ai loro occhi devo apparire come una di quelle locomotive a vapore che di tanto in tanto vengono fatte circolare la domenica a scopo commemorativo, ma tant’è. Per me i giornali di carta sono roba viva e vegeta. E, per fortuna, non solo per me.

Ecco la ragione per cui quando qualcuno dismette con sufficienza questo mezzo d’informazione, in nome di alternative digitali che, per ora, hanno dimostrato tanti vantaggi economici e diffusionali ma nessuno in fatto di qualità, mi salta la mosca al naso.

Circola in questo periodo lo spot di una grande società di consulenza finanziaria concepito più o meno così. Vediamo due tizi seduti in poltrona in quello che sembrerebbe essere un club molto esclusivo. Un tizio dalla barba brizzolata, certo segno di esperienza e saggezza, consulta uno smartphone; l’altro, che sfoglia un giornale, solleva lo sguardo per dichiarare: “Come siamo smart!”. Al che il barbuto replica: “Controllo i miei investimenti”. La palla torna al primo il quale, indicando il giornale, afferma: “Anch’io”. Cosa risponde a questo punto il barbuto? “Sì, come mio nonno”.

A parte il sarcasmo d’accatto e l’aria di sufficienza che, se non fossimo in un “gentlemen’s club”, subito imporrebbe la somministrazione al barbuto di un calcio nei denti, l’equivalenza “giornale di carta uguale vecchio e superato” mi sembra tanto ridicola quanto sgradevole perfino nel contesto di uno spot televisivo.

Il video prosegue mostrando i due in contesti diversi, tutti tipici della giornata feriale del cittadino medio: a bordo di una decappottabile d’epoca lungo una strada costiera, impegnati sul “green” di un elegante “golf course”, seduti al ristorante in attesa della creazione di uno chef stellato. Barba e Non-barba discutono i loro diversi stili di investimento finanziario e, come vi aspetterete, il primo vince facile essendo cliente della società finanziaria che ha pagato lo spot. Tra l’altro, questi butta lì un paio di frasette per farci capire quanto è figo ed esperto: (“la volatilità la gestiscono loro” e “quanto paghi di Ter?”) al che l’altro lo guarda come se avesse appena estratto un coniglio dal naso. Alcuni di noi, però, che sanno come “Ter” voglia dire “Total expense ratio” ma non gliene frega una mazza, sono nel frattempo rimasti allo scorno del giornale di carta.

Il Barba, secondo la società finanziaria che promuove se stessa attraverso il suo esempio, sarebbe il modello dell’uomo maturo ma evoluto il quale, mentre il suo amico afferma di “avere un consulente”, non esita a vantarsi di “disporre di un team di esperti che cura i miei portafogli” nell’incrollabile certezza che mai e poi mai, nel mondo, qualcuno ha preso una fregatura affidandosi a un team di esperti. La sua prodigiosa evoluzione culturale nonché tecnologica non gli permette però di afferrare come il mezzo non faccia necessariamente la differenza circa la qualità del servizio e che quando la tecnologia pretende di essere “meglio” in sé e per sé in un campo che dipende ancora dall’impegno e dal talento umano, lo fa solo per distribuire specchietti alle allodole.

Ma la qualità e la serietà della società finanziaria non sono qui in discussione: siamo certi che ha fatto più ricchi di Creso tutti i suoi clienti. Il punto, per quanto forse secondario e troppo personale, è che indicare con tanta disinvoltura nella carta stampata un sistema d’informazione antiquato e quindi inaffidabile è davvero fuori luogo. Con tutti i difetti che i giornali locali e nazionali hanno, con tutti i sospetti, spesso gratuiti, di collusioni e censure di cui vengono fatti oggetto, non sono loro a doversi accollare la maggior fetta di responsabilità per la paurosa perdita di affidabilità nel mondo dell’informazione oggi. Lì dentro, nello smartphone con cui il Barba esamina compiaciuto gli investimenti che il team di esperti sta facendo per suo conto, c’è ben di peggio. E’ lì che la verità ha finito per diventare un ago nel pagliaio e la responsabilità, morale ancor prima che civile e penale, di quanto viene spacciato per “notizia” si è perduta forse per sempre. Fossimo nel Non-barba ritireremmo l’iscrizione al club: non val la pena perder tempo con uno che, alla battuta di Groucho “non vorrei appartenere a un club che accolga me tra i suoi membri” di certo replicherebbe: “Groucho chi?”

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