Il confine tra il colpo di genio e la tamarrata è spesso labile: meglio, certe volte si inventa una tamarrata e, poi, ci si accorge che si trattava di un colpo di genio. Ci sono quelli come Briatore, che si credono geni e, invece, sono solo dei tamarri cui è andata bene e, poi, ci sono quelli come Hillary e Michele, che, dietro un’apparenza tamarrissima, hanno trovato la quadratura del cerchio.
Cominciamo col dire che i due sono novelli sposi e che provengono da Montoro, in provincia di Avellino: insomma, dall’anagrafe non sembrerebbero ragazzi di via Panisperna né, tampoco, frequentatori dei Finzi-Contini. Tanto è vero che, candidamente, hanno dichiarato di essere poveri, che non è necessariamente un male e certo non è una colpa, ma che può compromettere seriamente i festeggiamenti per un matrimonio. Specialmente nel Meridione, dove, per solito, ci si tiene a vestire la sposa come la Madonna Pellegrina, lo sposo come Marlon Brando ne “Il Padrino” e per andare in chiesa si noleggia una supercar clamorosa, con ricevimenti da trecento invitati, che durano una settimana.
Ebbene, Hillary e Michele, scavalcando a piè pari secoli di tradizioni e di pacchianate, hanno deciso di festeggiare il proprio matrimonio da Mc Donald’s, con tanto di corone di carta e bicchieri di plastica. Qualcuno, dalle loro parti e anche dalle nostre, avrà pure storto il naso: per me, questi due ragazzi sono una coppia di geni!
Per cominciare, hanno mostrato un senso pratico che fa a pugni con quella voglia strapaesana di apparire che trasforma i matrimoni in ridicoli show hollywoodiani, oltre che a rappresentare un formidabile salasso per le non sempre floride finanze delle famiglie. Non ci sono soldi? Bene, non faremo debiti per pagare foie gras e champagne che non ci possiamo permettere: va benissimo un Happy Meal. E, poi, un pranzo di nozze da Mac altro non sarebbe che il seguito naturale di quella macdonaldizzazione della vita che comincia con le feste di compleanno e prosegue con quelle di laurea: perché non sposarcisi pure? Mi pare un’idea originale e destinata a trovare emuli, laddove le sia data una certa pubblicità.
E qui entro in scena io: quello che fa pubblicità alla premiata ditta Hillary & Michele. Non amo certamente Mac Donald’s, che trovo comodo ma deprimente, cheap ma anche trash, per dirla alla maniera loro. Però, mi piace tantissimo quest’idea di sbattersene dei pregiudizi e di certe tradizioni da santo patrono, coi fuochi e la processione, che nel nostro Sud trovano particolare seguito: torno adesso dalle Calabrie, dove ho subito una colossale festa patronale che dura una settimana, con tanto di tamburini che martellano a tutte le ore, bancarelle di dolciumi fossili e l’immancabile serata pirotecnica, che, a giudicare dallo sfarzo, avrà perlomeno prosciugato le casse comunali.
No grazie: io sono figlio di mia madre, che, pur essendo cattolicissima, detestava certe forme di culto semipagane e le definiva pure superstizione. Quindi, da austero quasi calvinista, non posso che approvare il basso profilo adottato dai due sposi avellinesi. Si aggiunga a questo il mio odio inveterato per i Wannabe, i “voglio ma non posso”, che si svenano pur di apparire diversi da quel che sono. Che, poi, le condizioni finanziarie di una famiglia le sanno tutti gli invitati e specialmente in un paesino: m’immagino i pettegolezzi e i commenti velenosi, di fronte alla macchinona noleggiata o al pranzo di lusso.
Invece, Hillary e Michele hanno evitato tutto il cinema: sono stati modesti e originali. Più originali che modesti, visto che avrebbero potuto optare per una trattoria a basso prezzo e non per un fast food. Io, quando mi sono sposato, ho fatto due conticini con mia moglie e abbiamo scelto una trattoria in provincia: tutti contenti e portafoglio salvo. Figuratevi, perciò, se non approvo la scelta di questi due ragazzi. Bravi, anzi: bravissimi! In fondo, anche il cibo più prestigioso va a finire dove vanno a finire gli hamburger. E dove andremo a finire tutti quanti, prima o poi: ricchi e poveri, gentlemen e tamarri. E lì sì che tra le diverse categorie il passo è brevissimo.
Bravo, Marcone!