BABY GANG, VADA A FARE IL RAPPER RIBELLE A KABUL

di JOHNNY RONCALLI – Zaccaria, Zaccaria, i nomi sono carichi di storia, di significati, di insegnamenti, se uno vuole vederli o, semplicemente, se solo immagina che possa esserci qualcosa, oltre il nome.

Zaccaria Mouhib non credo abbia di questi pensieri, ma se ne avesse, scoprirebbe che Zaccaria è un personaggio biblico, sposo di Elisabetta, al quale l’arcangelo Gabriele annunciò la nascita di un figlio. Essendo però i coniugi in età avanzata, Zaccaria non credette all’arcangelo, il quale lo punì con il mutismo finché il figlio venne alla luce.

Zaccaria Mouhib in arte fa Baby Gang e sarebbe un rapper, tipo di cantante per il quale non ho avversione preventiva, avversione che ho tuttavia nei confronti di Mouhib, al punto che troverei consolatorio se alle sue corde vocali venisse riservato il medesimo trattamento riservato al più nobile omonimo.

Solo non temporaneo, se possibile.

Lui, il Baby Gang, professa guerriglia, così, per partito preso, quale partito non importa naturalmente. Armi, fumogeni, pirotecnia, dito medio, contro tutti e più che altro contro sé stesso, a sua insaputa.

Video e concerti a distanziamento zero, ha già collezionato Daspo a ripetizione, Milano, Riccione, Lecco, col risultato che ora lui, povero, si sente vittima e tartassato.

Che mai avrò fatto, dice, negazionista di sé, qualche sparo, un kalashnikov, un incendio qua e là, qualche insulto alle forze dell’ordine, poi d’accordo, niente mascherina e niente distanziamento, e del resto non mi fate rappare come, dove e quanto voglio.

E uno stuolo di seguaci ancor peggio di lui, perché passi lo stolto, ma i seguaci son sempre peggio, non fosse altro che il messia se lo son scelto proprio storto.

Nessuno travisi, perché qualche intenerito proverà a usare le attenuanti, il passato difficile e problematico, la comunità, tutti pretesti che da sempre si usano per giustificare certe efferatezze. Ho una gerla piena di persone dal passato difficile e problematico, solo che hanno le manche rimboccate e provano a imparare il rispetto, innanzitutto per sé stessi.

Ad ogni modo Zaccaria non deve inquietarsi per i Daspo, il mondo è grande ed è pure pieno di luoghi inospitali, quelli che piacciono a lui, dove si spara, si incendia, si guerriglia.

Uno è a portata di telecomando, non c’è ora nella quale Kabul non compaia, infuocata, impolverata, impietosa.

Tra tanti che cercano di andarsene da Kabul, nessuno opporrà resistenza per uno che invece vuole arrivarci. Potrebbe magari trovarsi a suo agio, oppure scoprire quanto il mondo sappia essere infinitamente più crudele di quanto immagini lui.

Dimenticavo, mi piace il rap, l’ho anche po’ studiato e il suo è tra i peggiori che possano capitare.

Per quel che conta.

 

 

 

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