APP “IO”, SPID, PIN: L’ODISSEA DEL PROF BOCCONIANO

Parlare in continuazione di cashback, fare i pavoni in tv con l’App “Io”, promettere soldi sul conto corrente con un paio di banalissime operazioni. Dopo il fallimento della consorella “Immuni”, in area Covid, ora tocca ai ritorni di euro su larga scala usando bancomat e carte di credito. Bellissima l’idea, ma dalle prime avvisaglie siamo di nuovo nella solita palude all’italiana: procedura demenziale, l’app “Io” già ingolfata, gente che dà di matto con lo Spid, rispostacce via Internet degli appositi siti. Il burosauro medio, che è pure maligno e infingardo, prova subito a farci sentire in colpa, dicendo che siamo noi italiani gli analfabeti. Ecco allora che giunge a proposito la testimonianza di un pioniere della corsa all’oro del cashback, che l’ha pubblicata sul “Corriere”. Non è un contadino della Valcamonica o un salumiere di Afragola: è un professore della Bocconi, Severino Salvemini, ordinario di Management e Tecnologia. La sua è una testimonianza un po’ lunga, una cronaca fedele, richiede un po’ di tempo per la lettura, ma merita indubbiamente lo sforzo. Perchè possiamo riconoscerci tutti. @ltroPensiero.net la ripropone a beneficio comune e la dedica come lettera di Natale ai burosauri di ultimissima generazione, i pervertiti dell’informatica, che ogni giorno ci raccontano (e ci infliggono) la loro idea malata di semplificazione.

“Non sono un nativo digitale. La mia infanzia non ha conosciuto i joystick e solo a cinquant’anni mi sono imbattuto in uno smartphone, che, a distanza di tempo, mi avrebbe introdotto ai social media e all’uso di chat e di messaggi vocali. Ma non sono neanche un luddista anti-macchinista. Sono un “migrante digitale”, che si arrampica quotidianamente nella sfida non facile di cambiare rapidamente il proprio modus operandi. Non essendo quindi un nato imparato, cerco di tenermi a galla con app e device vari, anche perché il mio mestiere di docente universitario mi mette in interlocuzione con ragazze e ragazzi ventenni, di fronte ai quali non posso fare la figura del Tyrannosaurus rex (lasciate stare per cortesia chi esalta con dolci parole il fascino del vecchio maestro sui giovani; queste son cose da libri di filosofia paripatetica…nel concreto il disincanto ci ricorda che l’analogia più visibile nei loro occhi è con i loro nonni e le caratteristiche traballanti di quella generazione).

La sfida
Lunedì scorso con il “Corriere” è stato distribuito un libretto che descrive cosa è il cashback e come occorre prepararsi per accedere al servizio. Una magnifica opportunità per fare un ulteriore salto nella modernità e anche per mettermi tranquillo per l’avvenire: voglio essere un esempio di tracciabilità. Approfittando perciò dei quattro giorni di festa e di assenza di turbativa da Zoom o da Teams — per il milanesi il 7 dicembre è Sant’Ambrogio — ho pensato che avrei avuto tutto il tempo per contribuire al piano cashless lanciato dal Governo e, perché no, magari partecipare alle estrazioni dei premi “zero-contanti” riservate a coloro che tenacemente utilizzeranno i pagamenti elettronici. Mi metto perciò alle 14.00 con pazienza al PC e, seguendo il manualetto, scopro che per aderire al programma occorre registrarsi nell’App “IO”, cosa che sembrerebbe a prima vista assai semplice. Ma subito si suggerisce che per registrarsi occorre accedere al Sistema Pubblico di Identità Digitale. Lo SPID abilita il cittadino a gestire in via telematica tutti i servizi pubblici. Beh, due piccioni con una fava, perché, fatta l’identità SPID, potrò utilizzare tale identità certa e inequivocabile anche per altri servizi. E poi è gratuito, quindi via con lo SPID. Il sito del Governo raccomanda di preparare tutte le mie munizioni prima di cominciare: indirizzo mail, numero di telefono, documento di identità valido e tessera sanitaria per il codice fiscale. Ordinato, metto tutto bene in displacement sul tavolo accanto al computer. Si può fare lo SPID andando presso uno degli sportelli deputati oppure approfittare della web cam, ammesso che siate riconoscibili online. Sì, evviva, mi riconosce. Andiamo avanti.

La via crucis
La procedura però adesso ci complica. Occorre scegliere tra una decina di operatori abilitati ad attivare il servizio (alcuni si conoscono perché il loro marchio è martellato dalla pubblicità radiofonica o televisiva; altri invece sono totalmente sconosciuti ai non addetti ai lavori). Le variabili per sceglierne uno sono otto, tra cui alcune intuitive ma altre abbastanza idiosincratiche, come, ad esempio, il livello di sicurezza di SPID che ti serve (ma come?, non so bene cosa sto cercando e mi chiedi di scegliere in base al grado di sicurezza che mi aspetterei?!). Per di più l’istruzione dice che qualcuno dei provider potrebbe (non “può”, attenti bene, bensì “potrebbe”…) richiedere per questo servizio un pagamento aggiuntivo. Mah! Convinto che nel nostro Paese se non paghi non ottieni, opto con incoscienza per un operatore che potrebbe (forse) farmi pagare e ne scelgo uno. Mi appare un box dove mi si dice che posso farmi aiutare, se ho necessità, prendendo un appuntamento presso gli uffici di Pomezia (Pomezia-Milano, 625 km., tempo stimato in auto 7h05). A quel punto la procedura mi interroga se sono un robot (ma come? mi hai appena visto in faccia con la telecamera…). Rispondo ovviamente di no, fleggo una serie di accordi contrattuali scritti in piccolo leggendoli superficialmente e proseguo.

Le complicazioni
Inserisco i miei dati e il computer mi fornisce un codice di verifica che mi arriva sul telefono e che devo scaricare sulla procedura. Fatto! Adesso mi chiede di leggere sul telefono un altro codice SMS e di scaricare anch’esso sulla procedura. Fatto! Sono passati quasi sessanta minuti da quando ho cominciato e non vedo ancora la luce del tunnel (che poi sarebbe il primo tunnel perché dopo ci sarà l’app IO da completare in questo percorso ad ostacoli). Ma siamo soldati diligenti e la pandemia ci ha insegnato ad avere pazienza, molta pazienza. Come dicono gli alpini “Tasi e tira” e andiamo avanti. Nuove informazioni personali richieste. Facile, indirizzo e codice fiscale. Su quello sono preparato. È dal 1973 – anno di introduzione del codice – che me lo ricordo a memoria. Il mio, quello di mia moglie e poi anche quello dei miei due figli. Inserisco tutto e clicco “continua”. Ma il computer si ferma. Il codice fiscale non corrisponde al nome del richiedente. Lo reinserisco, stessa risposta. Ah, sospetto che voglia il secondo nome di battesimo, che non uso mai. Provo. Macché. La risposta negativa è ostinata e stavolta esce anche in coloro rosso, perché dopo il quarto tentativo la procedura ti vuole dare un segnale che si è seccata. L’ App “IO” e il miraggio del rimborso cashless di Natale si stanno allontanando.

La resa
Allora torno indietro (va beh, è giorno di vacanza, anche se ho perso ormai 85’). Ora la sfida sta diventando una battaglia contro la burocrazia digitale. Vediamo chi la vince. Intanto qualche improperio scappa. Cambio operatore abilitato. Quello di prima non era certo amico. Ne scelgo uno sconosciuto (chissà che il novizio non sia più efficiente e servizievole proprio perché si deve conquistare quote di mercato). Rifaccio la gimkana ma questa volta il tracciato si ferma prima: al riconoscimento della camera via web, che si inceppa e esce un box che mi consiglia di prendere un appuntamento per completare la procedura di registrazione davanti ad un operatore. E questa volta fortunatamente non devo andare fino a Pomezia, ma qualcuno mi aspetta a Milano. Il servizio è disponibile 24 ore su 24. Però! Va bene, proviamo questo. Appare un nuovo box, questa volta in stampatello rosso: “SERVIZIO SOSPESO CAUSA EMERGENZA COVID”. Esausto, sono passate due ore dall’inizio del tutto. Il sistema si è accanito contro di me, è chiaro. I miei figli e i miei nipoti mi prenderanno sicuramente in giro per la scarsità di competenza tecnologica, tipica della terza età. Ma mi piacerebbe proprio farmi sostituire adesso dal Ministro della Funzione Pubblica, Fabiana Dadone, 35 anni di Carrù (CN) e vedere l’effetto che fa. Non aiutata da un assistente, Signora Ministro, ma lei come semplice cittadina, a recuperare lo SPID. Depresso, chiudo il computer e per vendetta scendo in strada a fare un bancomat. Mi arrendo”.

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