APOLOGIA DELLA MUSICA LEGGERISSIMA

Dimartino e Colapesce

di ELEONORA BALLISTA – Oggi, dato che vivo in Lombardia e a queste latitudini ultimamente l’Aria è piuttosto pesante, vorrei concedermi una pausa leggera. Anzi leggerissima, come la musica di Colapesce e Dimartino.

E sono esattamente il loro brano e la loro esibizione sanremese che mi inducono a una riflessione.

La canzone dei due cantautori, Antonio Dimartino siciliano e Lorenzo Urciullo – in arte Colapesce – lombardo, è già tormentone.

Imperversa alla radio, al supermercato, è utilizzata come colonna sonora di qualche servizio in tv, per non parlare dei video su Tik-Tok, terreno in gran parte battuto dai giovanissimi.

Chi si professa esperto di musica, però, la giudica un brano di basso livello; insomma, non un capolavoro.

Gli stessi autori convengono nel dire (ai microfoni de “Le Iene”) che trattasi di melodia piuttosto semplice perché parte da tre soli accordi, poteva scriverla chiunque (ma l’hanno scritta loro), e che è facilmente riproducibile anche da chi imbracci la chitarra soltanto per diletto.

Fatto sta che il refrain entra in testa e ci si ritrova a canticchiarlo anche durante le faccende domestiche, proprio come dice il testo della canzone medesima.

Il brano dei Måneskin, che invece Sanremo l’hanno vinto, è molto meno presente nei palinsesti radiofonici.

Precisazione: io rappresento l’utente medio, ma la radio è per me una compagnia quotidiana e mi concedo anche un discreto zapping, se il termine può valere anche per questo mezzo di solo ascolto. E, ribadisco, i Måneskin li sento molto poco.

E qui nasce una domanda che, in qualche modo, appassiona: è sufficiente che un brano sia osannato dal pubblico per dire che è un capolavoro?

Il quesito, quasi identico, mi sovvenne anche anni fa, ai tempi dell’uscita in libreria di “50 sfumature di grigio”, romanzo rosa, con generose concessioni erotiche, della scrittrice inglese E.L. James.

Il libro fece impazzire una larga fetta di pubblico, non solo femminile, e a testimonianza di questo successo ci sono gli oltre 125 milioni di copie vendute in tutto il mondo; numeri importanti.

Eppure, più di una voce in ambito letterario, ai tempi, si levò per dichiarare che le 50 sfumature erano buone, trattandosi di tomo piuttosto imponente, solo come fermaporta.

Chi ha ragione?

Come sempre, sarebbe oltremodo supponente pensare di avere una risposta definitiva e che vada bene per tutti.

Lasciando da parte le ormai datate avventure sexy della James, mi sento però qui di dichiarare la mia approvazione per “Musica leggerissima”.

Anche se non sarà un capolavoro musicale, anche se l’attacco è quasi uguale a “We are the people” degli Empire of the sun, anche se, qua e là, c’è persino un po’ di “Se mi lasci non vale” di Julio Iglesias, non importa, mi piace.

E la ascolto ancor più volentieri in questo momento, così tremendamente nero a ad alto tasso di preoccupazione, più ancora qui, nella produttiva Lombardia.

Quindi, lasciatemi cantare, senza chitarra in mano, ma con le cuffie e l’I-pod attaccato alla cintura, perché l’umore, almeno quello, possa restare alto.

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