APERTO PER HANDICAP

di JOHNNY RONCALLI – Chiuso tutto. Chiuso il cinema, il teatro, la palestra, la scuola, l’università. Si può giocare a tennis, ma niente doccia, chiusi anche gli spogliatoi. Tutto chiuso. O quasi.

Restano aperti i centri per gli handicappati, di qualsiasi ordine e grado. Sono considerati centri di prima assistenza, o assistenza essenziale, secondo le sigle ufficiali.

La decisione è almeno discutibile, nel senso che forse se ne dovrebbe discutere. Non ne parla nessuno e del resto chi li vive tutti i giorni è abituato a essere considerato un mondo a parte.

Diciamo che chi ha decretato il mantenimento dell’apertura di questi centri lo ha fatto con le migliori intenzioni, ritenendo di dover fornire assistenza a maggior ragione in questo difficile periodo. Siamo sicuri sia la scelta più coerente con quello che sta avvenendo? Ovunque lo svago – e ci mancherebbe -, l’educazione, l’istruzione sono messe ragionevolmente in secondo piano rispetto alla tutela della salute. Nella vita siamo chiamati a scegliere e in questo caso si è scelto per gli handicappati di mettere la frequenza dei centri e l’assistenza che questi forniscono, di qualsiasi tipo sia, davanti alla tutela della salute di tutte le persone coinvolte.

Qualcuno ha considerato che molte delle persone che frequentano questi centri hanno sistemi immunitari quantomeno instabili? Ha considerato le salivazioni incontrollate che imperversano? L’impossibilità di indurre molte – forse la maggior parte – delle persone presenti ad assumere i comportamenti igienici auspicati in questo periodo? Qualcuno ci avrà pensato sicuramente. Tuttavia, se le direttive suggeriscono e, in molti casi, impongono di evitare il più possibile rischiose aggregazioni, perché mai gli handicappati sono invitati a fare il contrario e sottoporsi a rischi che per tutti gli altri si cerca di evitare?

Qualcuno dirà che le famiglie possono scegliere comunque se far frequentare i loro figli o meno, ma una società civile degna di questo nome può lasciare l’arbitrio di compiere una tale decisione a nuclei fragili e stanchissimi, laddove lo nega a chi ha forza da vendere? Esponendo tutti, operatori inclusi naturalmente, al rischio da cui tutti fuggono.

C’è un ulteriore pensiero che forse andrebbe fatto: il rischio vero, alla fine, è che per qualcuno non si parli più di assistenza essenziale, ma di assistenza non più necessaria.

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