di GHERARDO MAGRI – Essere rimbalzati dal negozio fisico a quello virtuale da un addetto alle vendite: è la prima volta che mi succede. Strabuzzo gli occhi e rifaccio la domanda: “Non posso comprare qui il telefonino e mi dite di andare a ordinarlo sul vostro sito, cosa sono venuto a fare allora??”. ”E’ proprio così, signore, mi dispiace, queste sono le disposizioni attuali”.
Anche al netto delle misure precauzionali sul contagio, questo è un testacoda analogico-digitale senza precedenti. E sì che dovrei essere avvezzo ai cambiamenti radicali nel mondo della distribuzione. Ho a che fare con i canali di vendita da circa quarant’anni, ne ho viste di cose che voi umani…
Negli anni ’80 imperavano le drogherie e gli empori, i supermercatini ante litteram. Trattavano di tutto: prodotti freschi, secchi, scatolame, bibite, prodotti per la casa. Stipati fino all’inverosimile, ci potevi trovare qualsiasi merce. Raramente uscivi a mani vuote. Nel gergo aziendale, la cliente tipo di questi negozietti era “la signora Maria” (di Voghera, spesso: ancora si usa dire).
Più tardi sono arrivati i primi veri supermercati, di ispirazione francese (sempre i più innovativi) e anglo-sassone. Abbiamo imparato a usare il carrello, vagando inebetiti a scrutare scaffali ordinati e senza l’assillo di un commesso che ti vuole vendere la qualunque. La prima trasformazione darwiniana a spese dei piccoli, un’era glaciale alla quale sono sopravvissute le grandi catene e grazie alla quale le insegne famose hanno messo basi solide per i prossimi decenni.
La seconda grande rivoluzione sono i centri commerciali. Mostri di cemento, delle vere e proprie cittadelle, che ospitano ogni categoria di negozio, affiancandoci anche la ristorazione e immensi parcheggi. In questo caso, il modello di riferimento è più americano. La corsa è al gigantismo, nascono gli iper e la spesa col carrello si allunga di chilometri. Meta di pellegrinaggi nel week-end con famiglia. Ci si aggiungono le multisale per completare il ciclo perfetto di consumo a 360 gradi.
Il terzo passaggio epocale è internet con le vendite online. Vero shock per gli esperti del negozio fisico. Terrore come all’arrivo di un nuovo asteroide. Visto come il nemico n.1, viene osteggiato in tutti i modi dalle grandi catene di marca. Piano piano, però, i più smart capiscono che può essere un business anche per loro e, uno dopo l’altro, costruiscono il proprio sito internet per non perdere il treno. Da qui nascerà l’ibrido tra fisico e virtuale: si potrà ritirare presso i punti di vendita ciò che hai ordinato online, oppure potrai fare ordini online direttamente nel negozio, se la merce non fosse disponibile. Il business diventa fluido e i confini si intrecciano sempre di più.
Il trend di oggi è una decisa frenata sulle mega superfici. Il consumatore è frastornato e vuole essere più assistito, tornando a privilegiare il piccolo taglio vicino a casa. Corsi e ricorsi storici. Nascono i cosiddetti negozi di prossimità, soprattutto nelle città, i piccoli supermercati aperti anche h24. In un futuro prossimo ci chiederemo cosa farne di quelle cattedrali nel deserto, abbandonate dal nuovo popolo di internet. Il Covid, infine, ha dato un’accelerazione esponenziale all’acquisto da casa e, forse, ha sferrato il colpo ferale.
Cosa succederà ancora? Ah, saperlo. Di sicuro, prima di avventurarci nei nostri prossimi acquisti – aiuto, è Natale -, meglio informarsi bene. Quanto è successo a me, cacciato dal negozio fisico per acquistare online, è già oltre i confini della realtà.