AMADEUS E LA GRANDE IDEA DI NON AVERE IDEE

Comincia Sanremo ed è mortificante scoprire che siamo tra i pochissimi a non essere invitati sul palco. Porca miseria, gli altri ci sono tutti. Li fanno venire anche dall’estero, c’è più afflusso che a un rave-party. D’altra parte, il presentatore direttore Amadeus questo è: il più formidabile e insaziabile buttadentro che la storia del Festival e della televisione ricordi. Con le abitudini che ha, a me è sempre rimasta la curiosità di sapere quanti invitati c’erano al suo matrimonio, anche se è vero che quelli li pagava di tasca sua, a Sanremo invece paghiamo noi e non è proprio il caso di usare il braccino proprio qui.

La cosa più divertente, al momento di incominciare, è leggersi un po’ di roba in giro per critici televisivi e musicali. Gli esegeti più sottili e macerati perdono le giornate a definire il format di Amadeus, evidenziando le differenze con le edizioni di altri conduttori, da Baudo a Panariello, da Fazio a Carlo Conti. Quanta fatica sprecata. Il grande tratto distintivo di Amadeus, inconfondibile come stimmate, non è nascosto tra le righe o tra le pieghe: è evidente e leggibile a colpo d’occhio. La grande idea sua, la vera griffe, è non avere un’idea.

A seguire, la formula: dentro tutti, dentro di tutto. Già s’era visto nelle prime tre versioni personali di cos’è capace con il suo scegliere di non scegliere. Quest’anno tocca il vertice assoluto: a Sanremo, a parte noi quattro o cinque, ci vanno davvero tutti. Dice lui – che la sa impacchettare – che bisogna rappresentare al meglio la realtà, i gusti, gli interessi, le tendenze. E’ l’idea-nonidea che Sanremo sia semplicemente lo specchio della realtà, né più né meno.

Con questa abile premessa culturale, che come nei delitti peggiori gli fa da alibi perfetto, il bravo presentatore può così procedere nella pesca a strascico, senza badare a chi resta nella rete. Da zero a cento anni, dentro tutte le generazioni. Dal rapper sbucato da chissà quale scantinato fino ad Al Bano e Morandi, ogni età ed ogni stagione avranno il proprio quarto d’ora di soddisfazione. Questo sul piano musicale (certo, ufficialmente Sanremo risulterebbe sempre un festival della musica italiana, così almeno si racconta in giro).

Il resto, cioè il costume e la cultura, fiutando l’aria che tira là fuori: fluido, molto fluido.

Certo che ci saranno le donne al suo fianco, ma per piacere non confondiamo: basta vallette, queste sono donne di calibro, tutte emancipate e lanciate, niente a che vedere con le oche giulive di una certa tradizione. Avremo la Ferragni e la Fagnani, non so se mi spiego, ma soprattutto avremo la Egonu, che in definitiva meglio di chiunque altro rappresenta il profilo perfetto per Amadeus, avendo davvero ricevuto in dono dalla natura tutti i requisiti ideali di quest’epoca correttamente benpensante: è donna, nera, lesbica. Frignona quanto basta. Nessuno riuscirebbe a trovare di meglio su piazza.

Il resto si allarga al boom collaterale e inspiegabile del FantaSanremo, che in realtà si spiega benissimo con il fatto che quando c’è da giocare al trullallero noi siamo un popolo molto impegnato, ma soprattutto si allarga alla furbata ruffiana di infilarci persino Zelensky (lui magari non ineccepibile, prestandosi alla carnevalata), anche in questo caso con adeguato battage di settimane, salvo svelare mezz’ora prima del via che sarà letto solo un messaggio, tu pensa per cosa s’è scannata la democrazia parlamentare italiana nelle ultime settimane.

Ad ogni modo, Sanremo parte pure stavolta. Caricandosi a bordo i suoi milioni di italiani che non lo guardano però lo guardano. Il buttadentro parastatale lo conduce con il solito entusiasmo a prescindere, che ride su tutto e di tutto, anche se non c’è niente da ridere. E’ il suo inconfondibile Festival di sessualmente fluidi e di intellettualmente volatili, è il suo Festival senza un’idea precisa e con tutte le idee possibili, è il suo Festival che non lascia fuori nessuno, è il suo Festival che vuole piacere a chiunque e non dispiacere a nessuno.

Tirando le somme, è comunque la sua quarta volta. Già il dato dice quasi tutto sul suo spessore di capo assoluto nell’ultima Rai. Ma in fondo dice molto anche su come sta messa la Rai, e prima ancora su come stiamo messi noi.

Ps: ultim’ora, Amadeus annuncia raggiante che Mattarella siederà all’Ariston, Benigni celebrerà la Costituzione e Morandi canterà l’Inno di Mameli. Perfetto: dal kitsch al trash, non serve al altro.

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