AL NOSTRO MARTINELLO IL RECORD DELL’ORA LENTA

di MARCO PASTONESI – Ha vinto il nostro Silvio Martinello. Non la corsa al titolo di presidente della Federciclo italiana, cui pure sta puntando, ma a quello di ciclista lento. E’ successo otto giorni fa, e per un festival che premia la sosta e non la volata, che preferisce la staticità al dinamismo, che privilegia la calma piatta all’attività frenetica, l’eterna primavera al tempo reale, una notizia così andava trasmessa con la dovuta flemma.

In un’ora – Ferrara, Velodromo Fausto Coppi, patron Guido Foddis – Martinello ha raggiunto suo malgrado la distanza di 1306 metri e 20 centimetri, il suo avversario Alan Marangoni 1350 metri. E pensare che Marangoni sembrava favorito nell’indugiare su meno pista possibile: in carriera, se Silvio sfrecciava, volava e vinceva (Olimpiadi, Mondiali, tappe, indossando addirittura la maglia rosa), Alan era un abbonato alla pancia del gruppo toccandone talvolta i bassifondi, e vincendo una sola volta da professionista, proprio nell’ultima corsa, come a dimostrare che fino a quel giorno ordini di arrivo e classifiche generali erano state solo il risultato di una sua scelta più filosofica che tattica, più mistica che agonistica. E forse quasi si vergognò di quella debolezza da vincitore, tant’è che accadde in Giappone, al Tour of Owkinawa. Invece, stavolta, il popolare Marangoni ha ceduto alla tentazione della (relativa) velocità. Comunque il primato della lentezza rimane nelle gambe di Bruno Zanoni, che nel 2019 si era prodigiosamente limitato a 1070 metri, prima di essere ricoverato per un turbamento psicofisico ed esistenziale (da maglia nera, nel 1979, a recordman, nel 2019: 40 anni per ribaltare la storia, e il suo ruolo nella storia) all’Ospedale di Ferrara.

Il record dell’ora ingiustamente definito “al contrario” (e se “al contrario” fosse l’altro, quello di Merckx e Moser, Wiggins e Campenaerts?) è un ballo da mattonella, un equilibrismo da squilibrati, un’acrobazia statuaria, una prodezza immobile, un esercizio chiuso. E’ un fortissimo richiamo alle proprie radici, nel tentativo di trasformare la bici in culla, squadrando le ruote e arrendendosi alla forza di gravità. “Mai – ha confessato Martinello – avrei pensato di faticare così tanto”. “Mai – ha precisato Marangoni – avrei immaginato di soffrire così tanto”. E le sanificazioni previste dai regolamenti, da quelli condominiali fino a quelli statali, hanno soltanto alleviato fitte intercostali e anestesie genitali. “Più facile andare che stare”, hanno concluso, d’accordo, i due lentisti.

Ma si sapeva: stare al mondo, restare al mondo, perfino prestare al mondo, è un bel problema.

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