Paolo Giovio, storico, vescovo, medico, narratore, nella Firenze del Cinquecento, così scrisse di Pietro Aretino, sull’epigrafe tombale: “Qui giace l’Aretin, poeta Tosco, che d’ognun disse mal, fuorché di Cristo, scusandosi col dir: Non lo conosco!”.
Lo stesso si può scrivere oggi ricordando Aldo Agroppi che, come Pietro il Divino di Arezzo, è stato un Tosco che di tutti davvero disse mal, perché ebbe il coraggio, chiamiamolo così, la spavalderia di attaccare chiunque, soprattutto i potenti, dunque per lui venuto da Piombino a Torino, la Juventus. Era facile la sua battaglia dialettica contro la squadra che spacca l’Italia del pallone e contro i suoi dirigenti, nei quali la riverenza e/o connivenza è stata a volte manifesta.
Agroppi è stato un buon mediano, ruolo che piace a Ligabue cantante, ma, in verità, la vita di Aldo è stata quella di attaccante, contrassegnata, secondo destino, da un esordio drammatico, giocò la sua prima partita con la maglietta granata del Toro poche ore prima che Gigi Meroni venisse travolto e ucciso da una automobile guidata da Attilio Romero, poi, sempre per fato granata, divenuto presidente del Torino.
La carriera di Agroppi è stata dunque colorata di quella tinta sanguigna, come accadde poi a Perugia, era la sua carta di identità, il segno distintivo di un toscano aspro cresciuto nella povertà e mai dimentico di quell’infanzia di rinunce e sacrifici.
Una memoria vale per tutto: Ciccio Graziani, ventunenne, si presentò al Filadelfia con una lussuosa vettura parcheggiata appena fuori dallo spogliatoio, Aldo chiese di chi fosse quell’auto e nel silenzio generale si udì la voce timida di Graziani: “E’ la mia, perché”. “Perché adesso andiamo dal concessionario e la restituisci”. Così accadde e al posto della sfacciata automobile Graziani tornò su una Cinquecento.
Resta il fotogramma di un gol segnato alla Sampdoria ma non visto dall’arbitro, senza Var e tecnologie, il pallone fu respinto oltre la linea da Marcello Lippi, allora biondo difensore della Doria, va da sé che da allora in poi il contenzioso fra i due non fu mai sopito.
Il dopo football è stata la televisione, opinionista dovunque e sempre con la stessa lingua feroce. Da ultimo, ha confessato di essersi pentito di avere attaccato gli arbitri, così confermando di andare in senso contrario. Il Covid bastardo gli aveva intossicato i polmoni, infine togliendogli la possibilità di urlare alla vita.