ABOLIRE IL 4 E’ UN’IDIOZIA: VA INSEGNATO COME INCASSARLO E RIMEDIARLO

La proposta dell’assessore altoatesino alla scuola in lingua tedesca Philipp Achammer di abolire i voti bassi (sotto al 4) nelle valutazioni scolastica ha scatenato un dibattito accesissimo, suscitando qualche consenso ma anche diverse perplessità.

Innanzitutto, si è detto contrario il ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara, anche per coerenza con sue precedenti affermazioni, secondo cui i giovani devono abituarsi ad affrontare anche le frustrazioni.

Ora, effettivamente i voti da zero a dieci possono apparire superati ed è più che legittimo proporre soluzioni alternative. Infatti, sembrano troppi venti punteggi, considerando anche i 5 e mezzo, sei e mezzo e così via, ed è vero che i punteggi più estremi, sia verso l’alto che verso il basso, da tempo sono sempre più rari. Quindi ben venga una discussione per avere criteri di valutazione più adeguati e più utili. Quella che invece stupisce è la motivazione secondo cui, per Achammer, dovrebbero essere aboliti i voti molto bassi, ovvero che non avrebbero valore educativo in quanto possono mortificare gli studenti.

A mio avviso, ogni deriva esagerata provoca una reazione contraria di pari intensità ed analogamente sbagliata. Provo a spiegarmi meglio. Esiste, talvolta ammantata da una facciata di psicologichese, una posizione culturale ed educativa, figlia della lunga onda antiautoritaria e anti-istituzione nata nel sessantotto, secondo cui ogni stress e ogni frustrazione siano necessariamente negativi. Ovviamente non è così e tale atteggiamento, portato all’estremo, conduce a genitori con perenni sensi di colpa e giovani viziati e disinteressati alle questioni sociali.

Il problema non sono le valutazioni, che ovviamente devono essere obiettive. Certamente, devono tenere nel giusto conto i progressi, le differenze di contesto e di opportunità iniziali e considerare le eventuali spie di disagio che si possono nascondere dietro improvvisi cambiamenti di rendimento, come la pedagogia insegna.

Ma, per favore, smettiamola di pensare che la disciplina in sé, lo sforzo richiesto dall’impegno per ottenere dei risultati, la valutazione realistica siano dei mali in sé. Chiunque ha cresciuto figli sa che le punizioni sono inevitabili. Ovviamente, devono essere motivate, proporzionate, non violente e spiegate bene.

Insegniamo, piuttosto, ma non solo a chiacchiere, come si fa a rialzarsi dagli insuccessi e a ritrovare nuove motivazioni. Si affrontino le questioni in modo realistico e complessivo, e non prendiamocela con i voti bassi: altrimenti rischiamo di attivare una risposta reazionaria di cui davvero non c’è bisogno.

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