“VITA DA CARLO” METTE SOLO NOSTALGIA DELL’ALTRO VERDONE

La vita è complicata, con rari momenti di allegria e molti assilli. Lo sappiamo. Per questo ci rifugiamo spesso nella musica, nei libri, nei film, nel divertimento: ci allontanano, ci fanno dimenticare per un po’… Qualche ora, qualche minuto.

Sono un fan di Carlo Verdone perché spesso, specie a inizio carriera, ci ha raccontato vicende di personaggi più o meno strampalati che ci hanno distratti, facendoci riconoscere in prima persona o ricordandoci qualcuno che sappiamo, grazie alle sue caratterizzazioni pittoresche, alle battute geniali, al ritmo continuo di sorrisi e risate fragorose. Evoluto, divertente, profondo.

Cresciuto alla scuola di Alberto Sordi, ne ha ereditato quella realistica comicità del quotidiano in cui il paradossale diventa spesso routine. Ora Verdone si racconta in 10 episodi da mezz’ora ciascuno, “Vita da Carlo” su Amazon Prime Video, mettendo a nudo la sua di quotidiana esistenza, un po’ romanzata e ovviamente molto autoreferenziale – persino troppo, qua e là – sorprendendoci negativamente.

La serie è leggera, realistica e godibile per le distrazioni di cui sopra, ma intrisa di solitudine e malinconia. E’ un crescendo di stress e di afflizioni: dal lavoro alla famiglia, dallo sfruttamento di estranei e amici sino ai rapporti complessi con ex moglie, figli, collaboratori, colleghi, fans, nuova fiamma… E amici, appunto. Non ne va bene una al Verdone privato, stanco e avvilito, in cerca ossessiva di pace – oltre che dalla famiglia e dagli affetti – da produttori, registi, politici, persino da selfie a mitraglia per strada, nei locali e persino ai funerali, nonchè da estenuanti richieste di recitazione di vecchie gag, al punto di rifugiarsi in un convento senza trovare quiete nemmeno in quelle mura avulse dal mondo.

Nella serie, al regista e attore viene chiesto di candidarsi sindaco di Roma, percorso originale e bene impiantato, suscitando inizialmente entusiasmo nell’uomo sconfitto e costantemente in bilico tra fragilità e certezze. Lo slancio durerà poco, sino anzi a convincerlo di correre per perderle, le elezioni. A Roma del resto basta minimizzare Totti, come accade nella serie, per crollare nei consensi.

Tra qualche libertà un po’ eccessiva (la ragazza che consegna il cibo a domicilio, per esempio, è una specie di Miss Universo, artista superba e politicizzata), convulsioni ipocondriache e battute finalmente poco volgari, la costante della “Vita da Carlo” è comunque il disincanto, perché ci sbatte in faccia quanto i vuoti nell’animo di un personaggio popolare e affermato possano risultare incolmabili dalle molte realtà in cui è immerso, nessuna delle quali riesce a calzargli a pennello.

Vero che quel conflitto tra il proseguire, a 70 anni, il filone della comicità o dirottare verso un cinema, un impegno un po’ più drammatico, riflessivo e psicologico, deve evidentemente averlo logorato in questi ultimi tempi, ed è una sindrome che accompagna spesso i comici, ma insomma in noi (che abbiamo amato e amiamo “quel” Verdone) continua ad essere preminente il desiderio di divertirci al racconto delle crudità di cui la tavola quotidiana è imbandita, pensando di poterle superare con qualche risata. Per distrarci e allontanarci dai nostri pensieri, non per venire invece coinvolti e percossi dai suoi.

Alla prossima, Carlo, con fiducia. Da un tuo accanito fan che non ti chiederà mai né selfie né autografo perché farei fatica a riconoscerti, a distinguere tra un artista estroso brillante e un qualsiasi, vulnerabile mancato sindaco.
 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *