di CRISTIANO GATTI – Anche stavolta Bolzano e la sua provincia, da noi detti Alto Adige, sul posto tassativamente Sudtirol, tornano in Italia. Ma anche stavolta, persino sul Covid, hanno provato ad andarsene. A fare da soli. Ci provano sempre. Ci provano da sempre. Da un secolo tondo. Da quando hanno perso una guerra e contro i loro desideri sono diventati Italia a tutti gli effetti.
Per questa seconda ondata pandemica avevano provato a scrivere regole tutte loro, sostanzialmente in pesante contrasto con quelle del resto d’Italia. Più che altro, tenendo aperto la sera. Tanto che in pochi giorni i ristoranti e i bar si sono ritrovati la coda persino dei clienti di altre città e di altre regioni, quelle inesorabilmente chiuse.
Ma evidentemente il Covid non ha nessuna voglia di fare differenze, di riconoscere autonomie estreme e di concedere privilegi. Anche lì i suoi numeri sono ruggenti. Così, con una storica riunione della giunta provinciale, in una delle pochissime province italiane che ancora contano più dello Stato, stridore di freni e potente retromarcia. Si torna a testa bassa in Italia, con la coda tra le gambe. Anche Bolzano – Alto Adige, Sudtirol – si adegua al Dpcm governativo: bar, gelaterie e pasticcerie saranno chiusi, mentre ristoranti e negozi dovranno fermare le attività alle 18 e non più alle 20 o 22, come da precedente ordinanza del governatore. In più, previsto il coprifuoco con divieto di uscire dalle 22 alle 5 del mattino.
Fin qui resteremmo comunque nel campo tradizionale dell’autonomia e dei privilegi concessi in un secolo di estenuanti trattative, costellate di bombe e di tralicci saltati. Ma in questo caso, nell’indifferenza colpevole e accidiosa dell’Italia stato sovrano, c’è una dichiarazione ufficiale che ha dell’inaudito. A rilasciarla pubblicamente non è un rosticcere di wurstel e crauti con tanta nostalgia dell’Impero, ma la massima carica istituzionale del luogo, il presidente della provincia Arno Kompatscher: “Ci muoviamo in linea con la Germania e con l’Austria”.
In altre parole: se hanno cambiato idea, è perchè si ispirano all’andamento della pandemia e alle relative misure di contenimento del vero Stato sovrano di riferimento, che a noi sembrerebbe nonostante tutto dover essere l’Italia, ma che per loro è sempre e soltanto quello, Germania&Austria.
Avrebbe anche tutta l’aria di un’ossessione da barzelletta, se non fosse che il periodo e la questione non possono più permettere dell’ironia. Da un secolo l’Alto Adige ottiene concessioni e privilegi impensabili, strappati con i ricatti del terrorismo sanguinario, praticamente in tutte le materie cruciali, dalla politica alla scuola, dalla sanità al fisco. Ma da un secolo, imperterrito, coltiva il rancore verso l’Italia e la nostalgia verso Nord.
Più e più volte l’Italia ha verificato concretamente, a sue spese, come la politica mollacciona e comprensiva delle concessioni all’autonomia non abbia fatto che peggiorare l’allontanamento di Bolzano, ma sentire e vedere ancora oggi il presidente di quella terra considerare baricentro e stella polare la Germania con l’Austria, persino su una questione grave e pesante come il Covid, è forse il segno peggiore di un fallimento totale.
E’ evidente: in anni e anni di trattati e trattative, qualcosa non ha filato per il verso giusto. Se questo è il risultato, sarebbe anche ora di riprendere in mano la questione. Purtroppo, non interessa più a nessuno. Che Bolzano sia uno staterello di estrazione tedesca dentro lo stato italiano, con punti di riferimento Berlino e Vienna, l’abbiamo accettato tutti noi italiani. Se possibile, più ancora degli stessi altoatesini.
Lavoro in Alto Adige da 40 anni e parlando ovviamente con i clienti anche di cose di tutti i giorni vorrei dire a chi non conosce la realtà, che tanti parlano dell’Austria come aspirazione ma che gli Austriaci non sono così bendisposti nei confronti dei sud tirolesi. Tanto è vero che tanti in Austria ci vanno solo per fare il pieno o per andare a Monaco in aeroporto, e la considerazione dei turisti tedesco-austriaci è paragonata spesso ai ladri o comunque da controllare, opinione condivisa in egual misura verso gli Italiani.