SILVIO, UNA NUOVA: UN MILIONE DI POSTI DI LAVORO

Quando ero bambino, diciamo negli Anni Settanta del secolo scorso, la parola milione evocava qualcosa di enorme, addirittura chimerico se appartenevi a una famiglia non proprio abbiente. Un milione di lire era qualcosa di grosso, davvero grosso. Qualche decennio più in là sarebbe stato soppiantato dal miliardo, mille volte di più, ma il milione si prese di nuovo il trono con l’avvento dell’euro.

Ricordo anche che da bambino incontrai per la prima volta “Il milione” di Rustichello da Pisa, dove venivano trascritte le memorie delle avventure che Marco Polo raccontava all’autore, mentre si trovavano in carcere, e dove non si è mai capito se milione stesse per multiplo di miglio o per soprannome attribuito alla famiglia veneziana dei Polo.

E poi qualcuno mi fece conoscere Sergio Tofano, STO, creatore di mille personaggi per grandi e piccoli e anche del Signor Bonaventura, personaggio dei fumetti che fece furore nella prima metà del novecento: anche lui protagonista di infinite avventure, sia pure meno esotiche, alla fine quasi sempre si trovava a ricevere un compenso simboleggiato da un biglietto con su scritto “un milione”.

Milione è una parola comunque forte, che si tratti di soldi o lenticchie o qualsiasi altra cosa, e per qualcuno può diventare un’ossessione nel tempo, o un cliché, secondo i punti di vista. Prendiamo Berlusconi, ad esempio, modello imperturbabile di sempreverde, incurante delle sfumature che le stagioni impongono, e non parlo di foliage. Berlusconi il milione ce l’ha proprio conficcato in mezzo al cervello, più o meno tre decenni già prometteva un milione di posti di lavoro e ora ineffabile torna alla carica, con la medesima formula, come se nel frattempo il mondo non si fosse capovolto una mezza dozzina di volte.

Anche le promesse sbarazzine in generale sono una fissa del Cavaliere, per intenderci, quando si tratta di prosperità lui non riesce a trattenersi, promette a tutti che la cuccagna è dietro l’angolo, vedi i capitoli detassazione per imprese e famiglie, vedi il capitolo giustizia, che meriterebbe trattazioni chilometriche, o milionarie se si preferisce, e soprattutto ad personam. Comunque ora, col fare altrettanto sbarazzino delle sue ottantasei primavere, il Cavaliere torna alla carica, col milione in resta: «Ho due idee per un milione di posti di lavoro», «basterà una raccomandata per iniziare un’attività…i controlli ci saranno quando l’opera sarà ». Che vuoi dirgli, geniale.

Immagino che anche il condono preventivo sia all’ordine del giorno, dato che bisogna «eliminare le autorizzazioni preventive per chi vuol fare una casa, aprire una farmacia o un ristorante». «I controlli ci saranno ex post quando l’opera sarà finita: se sarà tutto conforme alle leggi vigenti è finita lì, se ci saranno cose che andranno modificate si darà un tempo congruo per farle. Se non si riuscirà a mettersi in regola, il Comune deciderà un’adeguata e congrua sanzione».

Tutto perfetto, secondo lui, facile e liscio come la pelle di Ruby. Diciamo che l’intento di snellire le procedure, se quello è l’intento, è un filo sbrigativo. Già immagino il mio vicino intraprendente e iperattivo che si mette in testa l’indomani di aprire un’osteria senza autorizzazioni, tanto può farlo, poi, al limite, pagherà una simbolica ammenda. Quanto alla farmacia c’è poco da ridere, in questo bel Paese non mancano certo i casi di medici che medici non sono, figuriamoci se qualcuno non si cimenta nella rivendita di cure e medicamenti a modo suo.

Le vicende del signor Bonaventura iniziavano sempre con il classico «qui comincia l’avventura del signor Bonaventura», possiamo noi invece augurarci che qui finisca l’avventura del signor Berlusconi?

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